Nella partita per Generali UniCredit è pronto a spostare gli equilibri
La partecipazione dell’istituto di Orcel nel Leone di Trieste appare anche un segnale al governo. Intanto l’Ad del gruppo triestino Donnet commenta: «È piaciuto il nostro piano industriale»
Philippe Donnet ha risposto con misura, senza sbilanciarsi troppo. «Non ho informazioni speciali. La mia valutazione - ha spiegato - è che è un investimento finanziario perché UniCredit, come altri investitori istituzionali, ha appetito per il tipo di ritorno che noi realizzeremo nei prossimi anni». Così il Ceo di Generali, intervistato da Bloomberg Tv, ha commentato la sortita di Piazza Gae Aulenti nel capitale del Leone di Trieste.
La sua non è sorpresa. Alla luce dei risultati conseguiti negli ultimi anni e di un nuovo piano che «è molto promettente e preannuncia molta remunerazione» per i soci, Donnet trova naturale che gli investitori istituzionali vogliano unirsi alla partita. «Abbiamo presentato il nostro piano che è sembrato molto convincente, il mercato ha reagito piuttosto bene e abbiamo fatto bene negli ultimi anni generando dal 2016 un total shareholder return del 300%». E su UniCredit? «L'ho saputo dalla stampa». Una stilettata, forse, o più probabilmente un dato di fatto.
Ma le mosse di UniCredit non sono neutrali. La banca guidata da Andrea Orcel ha gettato sul tavolo il 4,1% di Generali, detenuto direttamente, più un ulteriore 0,6% gestito per conto di clienti. E ha assicurato che si tratta di un «puro investimento finanziario». La tempistica però è tutt'altro che casuale. La quota di capitale nel Leone di UniCredit si inserisce in una partita più ampia: il rinnovo del consiglio di amministrazione di Generali, che si deciderà nell'assemblea dell'8 maggio. E tutto mentre sul mercato ci sono l’Ops di Mps su Mediobanca, principale azionista di Trieste, e quella di UniCredit su Banco Bpm.
In gioco ci sono due schieramenti. Da una parte Mediobanca, che con il supporto dei fondi d’investimento ha vinto l'ultima sfida. Dall'altra i gruppi Delfin e Caltagirone, che, pur se autonomi, hanno spesso condiviso strategie e battaglie. Con quella quota Andrea Orcel sta dicendo diverse cose a molti interlocutori diversi. Sta dicendo a Palazzo Chigi che nella partita che unisce Siena, attraverso Milano a Trieste, UniCredit non è uno spettatore ma può spostare gli equilibri. Non solo quelli che gli dà la sua forza finanziaria nel capitale, ma anche il fatto che Orcel è un uomo di mercato. E la sua quota nel Leone ha un peso specifico ben più alto dei punti percentuali che ingloba. Il secondo messaggio va dritto ai francesi di Crédit Agricole, che in Banco Bpm hanno una opzione a salire fino al 19,9% e ora stanno al 15% circa. Il terzo messaggio è per Intesa Sanpaolo: nessuno dimentica ciò che la banca guidata da Carlo Messina tentò di fare nel 2017 acquistando i diritti di voto su Generali.
Il board di Ca’ de Sass va in scadenza quest’anno e prima del 29 aprile, data dell’assemblea, è difficile immaginare mosse o contromosse, ma è improbabile che un’azione così aggressiva del diretto concorrente Orcel abbia lasciato indifferente Messina e i suoi. Infine, ha ragione Donnet, la partecipazione in Generali, comunque vada e fino al rinnovo del board, correrà il suo consueto rally: anche dal punto di vista finanziario UniCredit ha la sua contropartita.
Il nodo del Golden Power nell'Ops di Piazza Gae Aulenti su Banco Bpm offre un'ulteriore leva negoziale. Quando la banca di Orcel presenterà la notifica, il governo avrà fino a 75 giorni per esprimere un veto: 45 giorni ordinari più 30 per eventuali approfondimenti. Un iter che si concluderà prima dell'assemblea di Generali. Se il governo sceglierà la linea dura sull'operazione Banco Bpm (ammesso che gli riesca, UniCredit è una banca italiana che ha lanciato un’offerta su una banca itliana), Gae Aulenti potrebbe rispondere giocando un ruolo chiave nella partita Generali. E se invece da Palazzo Chigi arrivasse un segnale di distensione, la banca potrebbe decidere di sostenere Delfin (che è pur sempre il suo primo socio privato con il 2,7% del capitale) e Caltagirone, ovvero il piano del Tesoro che attraverso Mps sta tentando la scalata a Piazzetta Cuccia.
In che modo? Il quadro attuale, che potrebbe ancora mutare, vede Mediobanca con il 13,1% del capitale di Generali, senza la lista del Cda che aveva orientato la scorsa assemblea. Dall'altra parte, Delfin con il 9,93% e Caltagirone con il 6,92% superano insieme il 16%. In questo scenario, il pacchetto UniCredit da oltre 2 miliardi di euro potrebbe spostare gli equilibri.
E Intesa Sanpaolo? Finora l’istituto di Carlo Messina ha osservato le manovre. Continuerà a giocare il ruolo della Svizzera neutrale o deciderà di entrare nella partita prima del rinnovo del proprio board in aprile?
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