Ripartono le fusioni a Nordest: «Niente opportunismi, ad essere più appetibili sono le aziende sane»

Dopo lo stallo del 2020, crescono le operazioni M&A. Patrignani, UniCredit: «Nel mirino le pmi Covid-winner»

Fabio Poloni
La trevigiana Came ha rilevato la brasiliana Nepos Sistemas
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TREVISO. Pagare anche qualcosa in più, ma andare sul sicuro e puntare su realtà solide, uscite bene da quest’anno orribile. «Vedo poco spazio per merger & acquisition opportunistici, che puntino su aziende in difficoltà. Protagoniste saranno le aziende good asset».

Giacomo Patrignani, responsabile industrial del team di corporate finance advisory di UniCredit, analizza il momento del M&A a Nordest. «C’è grande liquidità sul mercato, protagoniste sul territorio sono le aziende Covid-winner in settori interessanti come automazione industriale, packaging, sistemi di ispezione».

I numeri

Il mercato delle fusioni e acquisizioni nel mondo ha registrato un calo del 21% nel numero di operazioni nel 2020: compratori alla finestra, dall’altra parte chi doveva cedere non ha voluto svendere.

Il mercato italiano M&A ha chiuso il 2020 con un calo sia in termini di numero di operazioni (830 contro le 1.085 del 2019), sia come controvalore complessivo (34,5 miliardi di euro contro i 52,4 del 2019).

A Nordest, secondo le elaborazioni UniCredit da fonte Mergermarket, nel 2020 sono state 20 le operazioni con “deal value” superiore ai dieci milioni di euro, restando nel campo di quelle disclosed, ovvero in cui il valore stesso dell’operazione è stato dichiarato. «Il calo è netto rispetto agli anni precedenti, in cui la tendenza era molto uniforme, lineare: 32 operazioni nel 2019, 29 nel 2018, ancora 32 nel 2017», spiega Patrignani.

Nel 2021, dati aggiornati a fine aprile, si registrano sette operazioni, che portano il totale dal 2017 a oggi a 120: quasi una su tre è nella fascia di deal value compresa fra 10 e 30 milioni di euro, mentre circa il 27% supera il controvalore di 100 milioni. Quasi un’operazione su due (48%) è nel segmento industrial, mentre 32 operazioni su 120 rientrano nel consumer retail.

Le tendenze

La ripartenza verso numeri pre-Covid ora è in atto, anche se non ancora a pieno ritmo. In un territorio caratterizzato in molti settori dalla parcellizzazione, con aziende piccole seppur di eccellenza (vino, agroalimentare in genere, sportsystem), le aziende saranno destinate a un ruolo più da preda che da predatore?

«Sì, ma non in un’accezione negativa – dice Patrignani – qui a Nordest ci sono molte pmi che operano in nicchie di mercato nelle quali sono riuscite a diventare leader, ma che ora hanno bisogno di capitali e competenze per crescere ulteriormente. L’ingresso di gruppi più grandi o fondi può rappresentare una soluzione. E poi gli imprenditori magari diventano a loro volta investitori o creano family office, in linea con quanto fatto ad esempio dagli Stevanato, caso di successo».

In aprile Oerlikon ha rilevato la Inglass di San Polo di Piave
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La pandemia ha bloccato soprattutto le operazioni inbound, ovvero le acquisizioni di aziende italiane da parte di stranieri (–80% secondo Kpmg, il peggior dato dal 2008). Tra gli investimenti di società estere in Italia si sono registrate nel 2020 solo 200 operazioni per un controvalore complessivo inferiore ai 6 miliardi di euro: nel 2019 erano state il triplo, per 18 miliardi di euro, in linea con gli anni precedenti.

A Nordest il 49% delle operazioni dal 2017 sono state di tipo domestic, il 37% inbound e solo il 14% outbound, con imprese Nordestine a fare shopping all’estero. Ora secondo Patrignani un ruolo di primo piano lo giocheranno i fondi, «perché la liquidità è tanta. Privilegiando però aziende con maggiori prospettive di crescita, che rappresentano un investimento meno rischioso. A costo di pagare di più».

I vertici della Eversys: l'azienda svizzera è stata acquistata dalla trevigiana De' Longhi
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Che ruolo ha la banca? «Il caso classico è l’imprenditore che valuta di vendere e ci chiama, dandoci mandato diretto o mettendoci in competizione con altri. È il caso della trevigiana Inglass, per la quale abbiamo portato a termine, in co-advisory, la cessione al gruppo svizzero Oerlikon. Altre volte l’incarico ci viene affidato dal compratore e talvolta siamo noi di UniCredit a proporre a imprese di cui conosciamo bene le potenzialità opportunità di sviluppo tramite fusioni o acquisizioni», spiega ancora Patrignani.

Le operazioni a Nordest

Dalle acquisizioni dei big come De’ Longhi e Ascopiave alle fusioni nel settore di pizza e pane, dai fondi che entrano nel business del vino agli investimenti trans-regionali nei gioielli hi-tech. Tra la fine del 2020 e i primi mesi di quest’anno la dinamica M&A si è rimessa in moto a Nordest con una trentina di operazioni. Tra queste, per citarne alcune, l’accordo tra Antinori e Jermann per l’acquisizione da parte della casa vitivinicola toscana della storica azienda goriziana.

Renzo Rosso con la sua OTB (Diesel) ha rilevato Jil Sanders
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Tra Friuli e Veneto, il Gruppo Cividale ha acquisito il 25% di Rössl & Duso di Vedelago. Ancora a scavalco tra le due regioni, Alcedo ha rilevato l’80% di Friulair Srl. Recente l’integrazione tra la padovana Tecnoeka e Ato Srl di Castello di Godego. Morato Pane di Vicenza ha acquisito Roberto Alimentare. In mani britanniche è passato lo storico marchio vicentino Laica, mentre a fine 2020 Chanel ha rilevato Ballin, eccellenza calzaturiera della Riviera del Brenta. Recentissime la cessione del 100% del Gruppo Savio di Pordenone al gruppo industriale belga Vandewiele, l’acquisto della storica Tassoni da parte della trentina Lunelli (Ferrari) e la cessione del 33% della vicentina Selle Royal al fondo Wise Equity.

La OVS di Stefano Beraldo ha rilevato la Stefanel in crisi
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L’opinione di Giovanni Gajo

«Quando le cose si fanno difficili, bisogna aggregarsi e allearsi: lo dico da teorico ancor prima che da pratico»: Giovanni Gajo, fondatore e oggi presidente onorario di Alcedo Sgr, si definisce «veicolo ma anche socio partecipante, perché se due concorrenti vogliono unire gli sforzi per crescere e lavorare assieme su ricerca o marketing, io sono disposto a partecipare. Tutto deve passare attraverso la testa delle persone. La mentalità isolazionista è dura a morire, la crisi del 2008 ha dato una piccola botta, ora c’è la seconda. Radicale, perché processo e prodotti vanno ripensati, anzi, rifatti, i ottica di sostenibilità e anti-inquinamento».

Lauro Buoro (Nice) e Giovanni Gajo (Alcedo)
Lauro Buoro (Nice) e Giovanni Gajo (Alcedo)

La pandemia mette qualcuno, brutalmente, spalle al muro, lo costringe a vendere? «Ci sarà una selezione darwiniana, chi non sarà in grado di proseguire da solo magari deciderà di vendere a chi ha un business model più adatto. I grandi aggregatori avranno buone opportunità». Settori più vivaci, a Nordest? «Manifattura, meccanica, abbigliamento, alimentare». Voi come Alcedo siete stati protagonisti con l’acquisizione di Friulair e con il matrimonio nel settore alimentare fra la controllata Bertoncello e Crivellin. «Ne faremo di ulteriori. Ma i matrimoni non si devono fare a tutti i costi: deve esserci sintonia». 

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