Russia, sede, sportelli: i paletti del governo su UniCredit-Banco Bpm

Palazzo Chigi ha chiuso l’istruttoria sull’operazione optando per un sì condizionato sull’Offerta. La decisione spacca la maggioranza: la delegazione di Forza Italia esprime «forti riserve»

Giorgio Barbieri

Uscita dal mercato russo e garanzie sul mantenimento di sportelli e sede. Sono i paletti messi da Palazzo Chigi, ieri nel corso del Consiglio dei ministri, all’Offerta pubblica di scambio presentata da UniCredit su Banco Bpm.

L’operazione è stata infatti esaminata sotto la lente del Golden Power, lo strumento che consente al governo di bloccare o subordinare a condizioni le operazioni di acquisizione in settori strategici, incluso quello bancario.

Il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della presidenza del Consiglio (Dica) ha consegnato al Cdm una relazione dove si sottolinea la necessità di vincolare il sì al rispetto di alcune prescrizioni. «Il Consiglio dei ministri ha deliberato di esercitare, a tutela di interessi strategici per la sicurezza nazionale, i poteri speciali nella forma dell’imposizione di specifiche prescrizioni», ha reso noto Palazzo Chigi.

Tra le condizioni poste dal Dica ci sarebbero dunque disposizioni stringenti sull’eventuale cessione di sportelli e l’indicazione all’istituto guidato da Andrea Orcel di uscire rapidamente dal mercato russo. Una decisione, quella presa dal Cdm, che ha però spaccato la maggioranza.

La delegazione di Forza Italia ha fatto mettere a «verbale le grosse riserve sulla base giuridica della Golden Power per l’Ops di UniCredit su Bpm».

La richiesta probabilmente più sensibile è quella che riguarda la graduale uscita dalla Russia, dove nel 2024 la banca ha registrato utili ante imposta per 719 milioni dopo aver però dovuto scontare rettifiche sui crediti per centinaia di milioni. UniCredit è infatti tra le poche banche internazionali ancora attive in Russia dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022.

L’Ad Orcel ha ribadito più volte di voler uscire garantendo però un equo valore per gli asset detenuti, anche alla luce della tutela degli azionisti.

La banca, comunque, ha progressivamente ridotto nel tempo la sua esposizione russa, in linea con le pressioni della Bce. Oltre alla questione russa, il governo avrebbe fissato paletti anche su cessione di sportelli, mantenimento delle sedi operative e governance, anche se al momento su questi aspetti regna la massima riservatezza.

Nel frattempo, Norges Bank si conferma sempre più protagonista nelle grandi assemblee societarie italiane.

Dopo aver partecipato con una quota del 2,6% all’assemblea Mps, votando a favore dell’aumento di capitale per finanziare l’Ops su Mediobanca, il fondo sovrano norvegese ha annunciato che sosterrà la lista del consiglio uscente per il rinnovo del board di Generali, all’assemblea del 24 aprile.

È una posizione che rafforza la linea espressa già nel 2022, quando Norges aveva sostenuto la lista proposta da Mediobanca, contro le alternative promosse da Francesco Gaetano Caltagirone e Assogestioni.

Tutto questo mentre, dopo la richiesta di integrazione da parte della Consob, Mps ha pubblicato nuovi dettagli sulla propria Ops su Mediobanca. Il Monte stima «dis-sinergie» contenute, con un impatto sui ricavi tra i 15 e i 20 milioni, pari solo al 5-7% delle sinergie attese.

L’effetto netto, dunque, sarebbe definibile come «immateriale» sui conti. Tuttavia, la riuscita dell’operazione è strettamente legata al livello di adesione all’Ops.

Se dovesse restare sotto il 50%, Mps non potrebbe beneficiare in tempi rapidi dei Deferred Tax Assets (Dta), uno degli asset fondamentali per il rafforzamento patrimoniale post-operazione.

In quel caso, le sinergie potrebbero subire «variazioni e ritardi» e la dotazione di capitale risulterebbe inferiore alle attese. L’obiettivo resta l’acquisizione del 100% di Mediobanca, con una soglia minima rinunciabile del 66,7%.

Nessuna decisione è stata ancora presa su soglie irrinunciabili inferiori.

In caso di esito positivo, la nuova compagine azionaria di Mps vedrebbe Delfin salire tra il 15,7% e il 19,9%, seguita da Caltagirone (oltre il 7%), il Mef (fino al 5,4%), Banco-Anima (fino al 4,1%) e Mediolanum (fino al 2,7%). —

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