Unicredit: per Morgan Stanley "la fusione con Generali avrebbe senso"

Anche se "complessa" e con "rischi di esecuzione alti", l'operazione "potrebbe avere razionale industriale" per entrambe

MILANO. Anche se "complessa" e con "rischi di esecuzione alti" una fusione tra Unicredit e Generali "potrebbe avere razionale industriale" per entrambe, consentendo in particolare a Unicredit di aumentare l'esposizione ai ricavi commissionali in un contesto in cui il margine di interesse sconta il contesto di tassi bassissimi. In un report dedicato al risiko bancario italiano, Morgan Stanley, nel giorno della nomina di Andrea Orcel alla guida di Unicredit, analizza un 'matrimonio' tanto dirompente quanto, al momento, improbabile.

"I vantaggi potenziali di una tale operazione sarebbero la possibilità di far leva sui clienti della banca in Italia, Germania, Austria e Cee e il potenziale per sviluppare prodotti integrati e smantellare gli attuali accordi di distribuzione per massimizzare la redditività", scrivono gli analisti. "L'industria della bancassicurazione europea è una delle più grandi e più redditizie a livello globale" sottolinea Morgan Stanley ricordando che "dal 2009 al 2018 la crescita del canale bancassicurativo ha superato gli altri canali sia nel vita che nei prodotti non vita in Europa e in Italia".

The Unicredit logo on the Unicredit tower is pictured in Milan on November 7, 2017. / AFP PHOTO / MARCO BERTORELLO (Photo credit should read MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images)
The Unicredit logo on the Unicredit tower is pictured in Milan on November 7, 2017. / AFP PHOTO / MARCO BERTORELLO (Photo credit should read MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images)

Morgan Stanley ipotizza che la 'combined entity' beneficerebbe della cattura dei ricavi che Unicredit attualmente divide con i suoi molti partner nella bancassicurazione, e dei costi correlati alla distribuzione. Ma queste sinergie, attese come "limitate", non giustificherebbero l'operazione senza "le significative sinergie di capitale derivanti dall'applicazione del Compromesso danese", che permetterebbe al Cet1 di salire di 3-4 punti percentuali al 17-18%. Con una tale forza patrimoniale il gruppo potrebbe distribuire in dividendi il 70% dei 7-8 miliardi di euro di utili pro-forma e fare anche del buy-back, così da "limitare parte della diluizione dell'utile per azione", che pure il merger potrebbe generare.

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E se Unicredit dovrà "probabilmente" dare la priorità al rafforzamento della banca commerciale in Italia (una fusione con Banco Bpm presenterebbe "un solido razionale industriale" per la banca Usa) e alla rivalutazione del prezzo del titolo in Borsa, nel "medio termine" una fusione con Generali "potrebbe costituire una opportunità chiave per guadagnare dimensione, supportare i futuri investimenti e migliorare la redditività".

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