Veneto Sviluppo: «Pronti per il terzo fondo. Obiettivo 100 milioni di dotazione»
A giorni l’uscita da Gourmet Italian Food piattaforma con Alcedo sui piatti pronti

Con il closing dell’operazione Gourmet Italian Food e l’85% delle risorse già allocate sul secondo veicolo, Fvs Sgr — la società di gestione partecipata al 100% da Veneto Sviluppo — scalda i motori per il Fondo III.
Obiettivo: 100 milioni di euro. «Abbiamo dimostrato che anche una sgr pubblica può fare utili, essere efficiente e attrarre capitali», afferma Fabrizio Spagna, presidente di Veneto Sviluppo.
L’operazione che meglio rappresenta questa filosofia è proprio Gourmet Italian Food, nata nel 2018 con l’acquisizione della Gastronomica, cresciuta attraverso una strategia di aggregazione con Alcedo, culminata nella fusione con Eurochef.
«È stata un’intuizione ambiziosa: un’operazione di sistema che ha portato il gruppo a superare i 135 milioni di euro di fatturato e i 21,5 milioni di Ebitda», racconta Spagna. L’exit imminente avverrà con un fondo internazionale, e secondo le stime «l’operazione porterà alla Sgr una redditività quadruplicata rispetto all’investimento iniziale».
Fvs Sgr è nata nel 2015 come joint venture tra Veneto Sviluppo e Friulia.«Quando sono arrivato nel 2017, la si voleva chiudere. Invece l’abbiamo rilevata interamente e rilanciata», spiega Spagna. Da allora la società è sempre stata in utile. «Abbiamo costruito un modello in cui l’essere pubblici non è un limite, ma un valore. Non siamo percepiti come rapaci, ma come partner competenti. E i risultati ci danno ragione».
Il primo fondo, partito con una dotazione iniziale di circa 50 milioni di euro, ha coinvolto oltre a Veneto Sviluppo e Friulia anche il Fondo Solidarietà Veneto e una piccola partecipazione di Confindustria.
«Parte della quota di Veneto Sviluppo — 16 milioni di euro — è stata poi ceduta alle banche, oggi tra i quotisti del fondo, che beneficeranno di una performance ottima, ben superiore agli strumenti di debito tradizionali».
Il rendimento annuo composto atteso è dell’8%, superiore al rendimento fissato tra il 6,5% e il 7%. «Tutte le operazioni del fondo I sono andate bene, anche se il tempo lungo di investimento ha impattato sulla redditività complessiva».
Il secondo fondo, da 67 milioni di euro, è quasi interamente allocato: «Abbiamo richiamato il 66% della dotazione e arriveremo all’85% con due nuove operazioni in chiusura», sottolinea Spagna. La restante parte è riservata a management fee e a possibili add-on a sostegno delle imprese già partecipate.
I numeri aggregati parlano chiaro: i fondi gestiti da FVS hanno generato un aumento dei ricavi pari al +106% sulle imprese in portafoglio, arrivando a 232,3 milioni di euro all’exit. «In molte operazioni migliori abbiamo ottenuto rendimenti cash-on-cash superiori a tre volte l’investimento», aggiunge Spagna. «Sono risultati che creano valore non solo per noi, ma anche per gli imprenditori e per i territori».
La strategia di investimento resta fedele al modello originale: quote di minoranza, in accordo con l’imprenditore, con un percorso di crescita che mira al superamento di soglie chiave (Ebitda, fatturato, occupazione), e una exit sempre condivisa. «In questo modo acquistiamo a multipli inferiori rispetto al mercato, ma usciamo a multipli equivalenti. Il risultato è un vantaggio competitivo che ci consente di supportare la crescita e portare a casa risultati molto positivi».
Ma il punto di forza resta la governance pubblica. «Pur essendo una Sgr pubblica, non c’è alcuna interferenza politica nelle scelte di investimento. Esiste un vero chinese wall, e fin dall’inizio abbiamo voluto che la Sgr operasse in piena autonomia, secondo le best practice del private equity. È fondamentale per il rispetto del mercato, per la credibilità verso gli investitori e per la redditività stessa delle imprese», spiega il presidente.
Con il Fondo III in preparazione — raccolta da chiudere entro il 2026 — l’obiettivo è dare continuità al percorso avviato. «Oggi abbiamo le spalle larghe, grazie ai risultati ottenuti. Ma raccogliere fondi non è mai facile. Il track record è determinante, e la presenza di investitori istituzionali come Cdp sarebbe importante per consolidare la nostra posizione. Speriamo che anche gli imprenditori del territorio continuino a crederci».
Un’altra sfida è conciliare il ruolo pubblico con i meccanismi incentivanti del settore: «Anche in fatto di carried interest (quota di utile variabile legata alle performance, ndr), ad esempio stiamo studiando sistemi innovativi per assicurare la fedeltà del team di investimenti al progetto. Cerchiamo di trasformare le specificità pubbliche in un’opportunità, garantendo trasparenza, stabilità del team e modelli di governance che offrono tutele anche superiori per gli investitori».
Sul fronte della finanza sostenibile, Spagna richiama la necessità di passare dalle parole ai fatti: «Nel 2004 arrivò in Italia il Global Compact, ma per anni la sostenibilità è rimasta un pourparler. Oggi è un tema strutturale. Bisogna fare percorsi seri: le imprese dovranno dotarsi di strumenti e certificazioni ESG per attrarre capitali e poter crescere. E bisogna anche tracciare l’origine dei fondi, perché è un tema cruciale ».
E conclude: «Le finanziarie regionali possono fare un salto di qualità, se sapranno dotarsi di strumenti nuovi per affrontare mercati nuovi. Penso ai minibond: nel 2017 ci prendevano in giro, oggi sappiamo che funzionano. Anche nel private equity si può innovare, e noi siamo la prova che si può fare in modo serio, con visione industriale, e ottenendo risultati concreti».
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