Fonderie, produzione e fatturato in calo: «Così la manifattura rischia di sparire»

A Nord Est sono presenti 130 imprese e 5.000 occupati. Zanardi (Assofond): «Fino al 2025 non ci sono segnali di ripresa»
Giorgio Barbieri

«Servono al più presto investimenti o la manifattura rischia di sparire». È un vero e proprio grido d’allarme quello lanciato da Fabio Zanardi, presidente di Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane (7,6 miliardi di ricavi, 900 aziende, 23 mila addetti) e amministratore delegato della veronese Zanardi Fonderie, alla luce della dinamica recessiva del settore registrata anche nel secondo trimestre con una contrazione della produzione che arriva al -8,9% rispetto allo stesso periodo del 2023.

È quanto emerge dall'ultima indagine congiunturale del Centro Studi di Assofond per la quale la produzione nell’ultimo periodo è calata del -3,1% rispetto a quello precedente. Dinamica identica anche per il fatturato: il calo tendenziale è del -9,9% rispetto al periodo aprile-giugno del 2023, mentre a livello congiunturale è del -4,2% rispetto al primo trimestre di quest’anno. «Il secondo trimestre è stato anche peggiore del primo e mi ricorda terribilmente il 2009, con cali a doppia cifra per quasi tutte le imprese del settore», sottolinea Zanardi, «le fusioni sono fondamentali per la meccanica, l’industria dei trasporti, quella energetica: il calo della produzione delle fonderie indica un rallentamento di tutto il manifatturiero».

Il Nord Est è un territorio estremamente rilevante per il settore: si stima che tra Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino siano complessivamente presenti circa 130 fonderie su un totale di mille presenti nell’intera penisola, che danno lavoro a quasi 5.000 persone, oltre un quinto del totale dei lavoratori impiegati dal settore in Italia. Il Veneto, grazie in particolare alle provincie di Vicenza a Padova, è la seconda regione in Italia per numero di fonderie dopo la Lombardia. A Nord Est infatti operano realtà importanti come il Gruppo Cividale, che in Friuli e Veneto conta cinque stabilimenti in ambito forge e fonderie di acciaio, ghisa e alluminio, o il gruppo Vdp Fonderie Spa di Schio, cui appartiene la Vdc Spa che rilevò la storica fonderia Anselmi di Camposampiero nel Padovano. O ancora le vicentine Fonderie di Montorso, attive nelle fusioni in ghisa per il mercato oleodinamico, che grazie alle spalle larghe della controllante Fondo italiano d’investimento, si è lanciata negli anni in una campagna di acquisizioni mantenendo i legami con il territorio.

L’intero settore ora guarda con speranza alle misure di sostegno alle imprese come l'Energy release e il piano Transizione 5.0. Entrambe, tuttavia, non sono ancora pienamente operative ed è fondamentale accelerare i tempi. «Per favorire la ripresa», sottolinea quindi Zanardi, «servirebbero investimenti strategici lungo alcune catene del valore, come quella della produzione di energia elettrica rinnovabile e delle grandi infrastrutture». A preoccupare Zanardi è ancora la seconda parte dell’anno. «Le prospettive di ripresa non si intravedono almeno fino al 2025», aggiunge, «del resto sono diversi i fattori che determinano le cattive condizioni della domanda: gli elevati prezzi dell’energia, l’inflazione che non cala abbastanza in Europa e che tiene fermi i tassi di interesse, l’incertezza economica e le tensioni geopolitiche. In Italia, in particolare, il tema energetico resta molto caldo. Infatti paghiamo l’elettricità il 42% in più che in Germania, il 174% in più rispetto alla Francia, l’84% in più rispetto alla Spagna. Un gap che mina alla base la competitività di tutti gli energivori».

La maggioranza delle fonderie che hanno partecipato all’indagine (53,3%) dichiara di aver subito un calo dei livelli produttivi. Per il 20% le quantità prodotte sono rimaste uguali, mentre il 26,7% dichiara una crescita della produzione. Fra chi ha indicato un calo, la maggioranza (65%) imputa il risultato a una contrazione della domanda di mercato. Anche per quanto riguarda il fatturato, la perdita in termini tendenziali arriva al 9,9% sullo stesso trimestre del 2023: una dinamica stabilmente negativa dall'inizio dell’anno. «Occorre far presto», ribadisce Zanardi, «altrimenti la nostra manifattura rischia di sparire».

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