Già mille cause alle banche Popolari

Per Popolare di Vicenza e Veneto Banca a Montebelluna esposti e denunce a raffica. La class action non è percorribile, si deve andare davanti al giudice con ogni singola posizione. La mediazione finora è fallita 

CASSOLA. Scartata la class action, non percorribile, alle associazioni dei consumatori non è rimasta che la via delle singole cause legali per tutelare gli azionisti di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. In sede civile e penale. Paiono infatti finora falliti tutti i tentativi di conciliazione extragiudiziale in camera di commercio. Le banche non mediano. Ma tra ricorsi e denunce, ormai siamo ben oltre quota mille. La maggior parte delle cause è in mano agli avvocati.

Sembra lo studio legale Zanvettor Bruschi a gestire non solo i «grandi portafogli», ma anche oltre 600 ricorsi spalmati tra Veneto Banca e Popvi con una quarantina di mediazioni attive. Altre 30 denunce sono in capo all’avvocato di Malo, Renato Bertelle che presiede anche un’associazione a tutela dei soci berici. Adusbef attualmente conta una cinquantina di denunce in Veneto.

«Iniziamo sempre dalla mediazione che è obbligatoria e finora ne abbiamo tre su Padova, le altre in calendario; ma la banca non concilia - spiega il responsabile regionale Fulvio Cavallari - quindi si va in causa. A oggi abbiamo oltre un centinaio di segnalazioni ma la vera ondata deve ancora manifestarsi». La class action? «Sarebbe stato meglio per tutti ma è difficile ricostruire un dato omogeneo e collettivo: ogni posizione è diversa dall'altra». A tutto questo vanno aggiunte le posizioni Adiconsum. Il responsabile Valter Rigobon spiega: «Abbiamo esaminato caso per caso per capire come aggredire la banca e il “quid” è il non rispetto della Mifid», il questionario Ue sulla consapevolezza finanziaria del cliente. «Da mille segnalazioni ne abbiamo scremate 500, stiamo sondando come procedere. Abbiamo spedito le prime 70-80 lettere a Veneto Banca, solo 5 cause sono avviate». Sono invece 202 le denunce penali depositate tra il 22 ottobre e il 23 dicembre 2015 contro BpVi dall’Unione nazionale dei consumatori. Ieri a Cassola, nel Vicentino, il responsabile regionale Antonio Tognoni ha fatto il punto chiedendo ufficialmente alla Regione di far partecipare almeno un rappresentante dell'associazione ai lavori della imminente commissione d'inchiesta sulle Popolari.

«Abbiamo esaminato ogni posizione - ha detto Tognoni -. E in molti casi ci sono state vendite di azioni che possiamo definire truffe». Significa, spiega, che «le azioni sono state vendute forzando la mano, giacché molti investitori non avevano le caratteristiche richieste dalla Mifid e le hanno acquistate fidandosi del funzionario di banca». La class action, conferma, non era percorribile. Per questo è stata scelta la via penale.

Quattro i reati ipotizzati: truffa, estorsione, false comunicazioni sociali e aggiotaggio. «Il più grave è l'estorsione – prosegue -: la banca proponeva di investire sulle sue azioni a fronte del rilascio di un fido o un mutuo: questa non è solo violazione del diritto bancario, è da causa penale e vanno individuate le responsabilità». Ma perché la banca ha fatto questo? chiede. «Era una strategia spregiudicata – conclude e risponde Tognoni – siamo in possesso di un documento datato ottobre 2012, che è ora agli atti della Procura, che dimostra che a ottobre del 2012 molti erano già a conoscenza del rischio della vendita di queste azioni».

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