Gli anticorpi che respingono certi virus
TRIESTE In un manoscritto anonimo ricevuto qualche settimana fa, ricco di riflessioni sulla geopolitica, c’era una frase: «Nei film di fantascienza non c’è spazio per la democrazia: vediamo imperi, regni, dittatori, dominatori, principi e principesse. Mai una misera scena dedicata a momenti in cui il popolo scelga il suo governante». A volte Trieste, più che città di scienza o letteratura, è la capitale della fantascienza. O del paranormale. Ma in questi due giorni Trieste ha scelto: di stare con D’Agostino, con il suo progetto di rilancio del porto a cui i più svegli (ma anche i modesti) si accodano da anni e a cui qualcuno comunque e ancora si oppone, con la viltà della manina appesa al cavillo. Il fronte del porto, ieri, con l’incontro tra il presidente e i camalli che scioperavano per difendere la loro “controparte” non valeva un film: lo era già. Con protagonisti e comparse, sbucate prima dei titoli di coda, forse con possibili sequel: «Non fate la cazzata di esserci oggi e non esserci più avanti, quando potrebbe essere anche più importante» dice Zeno ringraziando e invitando a tornare al lavoro. Più dei ricorsi al Tar contro la “sentenza” Anac varrà forse il patto scritto con la reciproca riconoscenza e il riconoscimento di un ruolo e di una serietà d’intenti. Risuonano da brivido i cori da stadio e il confortarsi a vicenda, in settimane in cui gli appelli a muoversi uniti contro il male si moltiplicano, inascoltati. Altra storia? Sì, certo.
Ma forse nelle città, in questo Paese malato di se stesso, ci sono virus che si aggirano, si nascondono, mutano e poi riprendono vigore letale quando più non penseresti. È allora che le stesse città mettono in campo gli anticorpi. Sviluppati in una quarantena durata anni: il lockdown dell’intraprendenza, dell’impegno, del sacrificio. Nascosti dal quieto e riposato vivere, dal mantenere minime rendite, dalla collusione con l’incapacità. Mascherine. Poi, però, esplode improvviso qualcosa: come uscisse da un laboratorio, sfuggito al controllo di maldestri alchimisti. Forse apposta. Per aiutare la città a ritrovare oggi una ragione, un collante, un obiettivo oltre l’uscire di casa per rivedere il mare o se ancora si compie la magia dei bar affollati per lo spritz: cioè quell’idea vaga e latente di felicità mantenuta che qualcuno coltiva. E che, appunto: neppure nella fantascienza.
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