Good bank dalle ex popolari venete: Intesa è pronta a comprarla

Avanza per Veneto Banca e Bpvi l'ipotesi di una risoluzione lampo con vendita al gruppo bancario di Carlo Messina. In vista un decreto per rimpinguare il fondo esuberi con uno stanziamento pubblico ad hoc

PADOVA. Anche ieri, domenica 18 giugno, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è intervenuto sulle banche venete con un messaggio di prudente, e forse consapevole, ottimismo: «I casi critici - ha detto - sono molto fiducioso che saranno alle nostre spalle. Ne stiamo uscendo con fatica e determinazione».


E, difatti, una soluzione sul tavolo del governo pare esserci già da settimana scorsa, ma non è più la ricapitalizzazione precauzionale. «La situazione è fluida» avvertono le nostre fonti «e tutto è sempre in mano all’Europa». Il governo continua a preferire la priorità dell’intervento pubblico per decreto, ma da alcuni giorni starebbe prendendo in seria considerazione l’unico vero progetto sul tavolo, giacché un sistema bancario in grado di coprire 1,2 miliardi non c’è.

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La redazione


Così, il grande risolutore del complicato salvataggio sarebbe solo Intesa Sanpaolo. La banca guidata da Carlo Messina, stando ai bene informati, avrebbe definito - di concerto con Bankitalia e d’intesa con l’Abi - una proposta già nelle mani del ministro Padoan.


Il futuro delle banche venete non sarebbe dunque quello di una fusione ma, se questo piano andasse in porto, di una scissione sulla scia di quanto successe a Banca Etruria, Chieti, Marche e Ferrara. Nascerebbero una banca buona (good bank) e una cattiva (bad bank), la seconda carica di tutto il fardello dei crediti deteriorati che saranno messi in vendita. E c’è chi vocifera che possano essere interessati alla partita il fondo Fortless, di recente sfilatosi dalla partita Mps, e di contro la cordata Bper-Unipol. Ma su quest’ultima sono in pochi oggi a scommettere.


Il meccanismo prevederebbe l’attivazione di una sorta di risoluzione “lampo”. Ma diversamente dalle quattro banche del Centro Italia che hanno aspettato oltre un anno per trovare un compratore (Ubi, mentre Ferrara è andata a Bper), qui l’acquirente ci sarebbe già. Ed è proprio Intesa Sanpaolo che si “porterebbe a casa”, forse al costo di un euro, la parte buona, ovvero ripulita dai crediti deteriorati, delle due ex popolari; e con essa anche le filiali, il personale e i fidi. Intesa, che diversamente da Unicredit - che pare già essersi sfilata dalla partita “veneta”- potrebbe avere qualche interesse di copertura nel territorio, avrebbe però chiesto alcune garanzie. Una di queste sarebbe un “aggiustamento” del decreto, non ancora varato sul Fondo esuberi, con un capitolo ad hoc sulle banche venete e uno stanziamento per la gestione dei tagli del personale. Si stimano tra i 200 e i 300 milioni in aggiunta ai 638 milioni dello stanziamento complessivo già stimato dal governo e che dovrebbe essere elargito in ragione crescente da qui al 2021. Si tratterebbe di un aiuto pubblico alla “rottamazione” dei bancari e di una novità assoluta per il settore che finora ha provveduto da solo alle ristrutturazioni, alimentando i propri ammortizzatori sociali e chiedendo giornate di solidarietà.


C’è chi dice che, entro la settimana, la lunga agonia delle ex popolari potrebbe trovare soluzione. In questo scenario, con la good bank a Intesa, salterebbe la ricapitalizzazione precauzionale ma azionisti e obbligazionisti junior sarebbero comunque coinvolti nella copertura delle perdite. Con l’impegno del governo di un rimborso, tutto da definire, a tutela solo dei risparmiatori retail.

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