Hera in manovra nel nordest
BOLOGNA - «La bussola di Hera torna a guardare il Nordest per le acquisizioni e la crescita: tutto il territorio contiguo è oggi di nostro interesse» conferma Tomaso Tommasi di Vignano, già amministratore di Acegas, e dal 2002 alla guida del Gruppo Hera di cui ha coordinato il collocamento in Borsa e lo sviluppo, acquisendo anno dopo anno piccole e medie utility, società commerciali e proprietarie di impianti.
Nei nove mesi del 2016 Hera ha raggiunto 3,1 miliardi di ricavi con Ebitda a +1,6% a 650 milioni.
In queste settimane Tommasi è impegnato in un road show europeo, con tappa Usa, per incontrare gli investitori e illustrare le linee del piano industriale al 2020.
Oggi, circa il 49% di Hera è del mercato dove figurano investitori istituzionali, privati e un 8% di fondazioni bancarie legate a un patto di sindacato. Il 51,3% è di 118 soci pubblici uniti anch'essi in un patto di sindacato, compresi i Comuni di Padova, Trieste e Udine.
Presidente, il piano industriale prevede 2,5 miliardi di investimenti. Quanto arriverà a Nordest e in Veneto?
«Il nuovo piano prevede una crescita degli investimenti per 250 milioni rispetto il piano precedente. Di questi in triveneto arriveranno 540 milioni proporzionali alla nostra presenza, il 22% del totale».
A quali capitoli saranno destinati gli investimenti?
«In termini globali, ma non diversi da quello che riguarda il triveneto, le reti assorbiranno il 70% inclusi i 350 milioni per le gare del gas e altri interventi infrastrutturali, tra cui il depuratore di Servola».
Qual è la strategia per le gare sul gas?
«La strategia è trasparente: siamo il terzo operatore in Italia nella distribuzione, dopo Italgas e F2i. Oggi siamo presenti in 16 aree Atem (sono 170 in tutta Italia): in alcune la copertura è del 70% o più, in altre siamo sul 25-30%. La strategia è fare tutte le gare dove siamo l'operatore maggioritario, perché vogliamo arrivare al 100% diventando gestore per i prossimi 12 anni. Ciò comporterà l'assorbimento del 30% restante che spesso è in mano a piccoli operatori».
Siamo alla vigilia di un processo di semplificazione?
«Assolutamente sì, alla fine ci sarà un decimo degli operatori oggi esistenti: da circa 200 a una ventina».
A quante gare concorrerete?
«Puntiamo su 13 gare, dove Hera detiene mediamente una quota di mercato superiore al 70%».
Sono sul tavolo nuovi dossier per acquisizioni?
«Non c'è stato anno nel quale non abbiamo modificato il perimetro. Dal 2002, quando siamo nati, il 43% della crescita l'abbiamo fatto così; e nel 2015 l'azienda ha moltiplicato 4 volte e mezza il Mol che aveva a fine 2002. In questa crescita sono confluiti 300 milioni acquisiti trovando utility disponibili a fondersi e diventare azionisti. Di operazioni così ne abbiamo fatte una ventina, a partire della grande fusione iniziale che ha dato vita a Hera. Sono merger con aziende di proprietà pubblica. Ci sono poi le acquisizioni di società medio piccole private che si occupano o di vendita di energia o sono proprietarie di impianti nel settore ambientale. Negli ultimi 15 mesi ne abbiamo fatte 5 (l'ultima è quella di Aliplast a Treviso, ndr) e due sono in chiusura: una tra Abruzzo e Marche, l'altra è un irrobustimento in Toscana vicino a un impianto già acquistato. Volendo salire a fine piano a oltre 1 miliardo di Mol, questa logica ce la porteremo dietro anche in futuro».
Nuove acquisizioni private all'orizzonte dopo Aliplast?
«Aliplast è un'eccellenza nel riciclo della plastica e ci spinge forte in questo settore. Andare nella direzione del riciclo significa che, se un tempo per essere grossi nel mondo dei rifiuti serviva l'impiantistica, oggi - raggiunto un alto livello di raccolta differenziata - è necessaria una nuova fase: riconsegnare materia prima dai rifiuti trattati. Questo è il lavoro che fa Aliplast; ma ci sono anche altri settori oltre la plastica; siamo partiti da quello più grande».
Per le acquisizioni, a piano industriale, quanto avete accantonato?
«Le case di rating ci hanno consigliato di mantenere un debito non superiore a 3 volte il Mol. In uscita dal piano saremo a 2,8. Il debito sarà sostenibile, e avremo la flessibilità per chiudere qualche operazione non prevista dal piano».
Cosa ne pesa dell'operazione Aim-Agsm? È un accordo plausibile? Vi interessavano?
«Si tratta di due aziende che fanno parte di un range che siamo impegnati a guardare. Ci sono dei punti di domanda nell'operazione ma non siamo qui con il binocolo a guardare se andrà bene o male».
Trattative in corso con Ascopiave?
«È una bella realtà mono business ma a oggi non c'è nessuna trattativa. Potrebbe essere un importante rafforzamento nel gas, non escludo che in futuro ci possano essere le condizioni per valutare un'operazione. Tutto il territorio contiguo è di nostro interesse».
La veneziana Veritas?
«Non c'è alcuna esclusione aprioristica. Veritas opera nella provincia più grande e operativamente complessa del triveneto. Ma non è detto che saremo noi a fare dei passi».
Tra Padova e Vicenza c'è anche Etra...
«La conosciamo. Ma qui c'è la concezione della governance è peculiare e segue una logica poco industriale...».
Nel 2017 il Cda va a rinnovo. Per Padova, sarà il commissario a decidere?
«Sì, è compito del commissario nominare il rappresentante per il Comune».
Padova ha però venduto titoli, il peso azionario è sceso.
«Stiamo eseguendo il patto sindacato, il giorno in cui questo andrà a scadenza, saranno riesaminate le posizioni di ciascuno. Non ha venduto solo Padova...»
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