I Btp fanno ancora il pieno, l’esperto consiglia cautela. «Meglio diversificare»
Scelzo (Copernico): «Opportuno variare gli investimenti sia per durata che come tipologia e aree geografiche»

Le prossime settimane saranno caratterizzati da un susseguirsi di emissioni di Btp e altri titoli del debito pubblico italiano. Un’opportunità per i risparmiatori a caccia di rendimenti interessanti, considerato che con l’avvicinarsi dell’allentamento monetario, gli interessi tenderanno a calare, ma da maneggiare con cura per non assumere rischi eccessivi. Solo nel primo trimestre sono attese emissioni di strumenti a medio-lungo termine per 48 miliardi di euro contro poco più di 21 miliardi registrati nel medesimo periodo dello scorso anno.
Giovedì 25 gennaio è toccato ai Btp indicizzati all’inflazione e ai Btp short, cioè con scadenza tra 18 e 30 mesi, mentre il giorno dopo in collocamento i Bot e oggi 30 gennaio i Btp tradizionali. Nelle ultime settimane i titoli decennali hanno visto scendere il rendimento, alla luce del rallentamento dell’inflazione e in previsione di tagli ai tassi ufficiali (che in ogni caso non sono dietro l’angolo, per cui si tratta di una scommessa), anche se un livello intorno al 3,7-3,9% è tutt’altro che disprezzabile. Si parla di cifre al lordo, dalle quali occorre sottrarre l’aliquota fiscale del 12,5%, agevolata rispetto al 26% che costituisce il prelievo sui guadagni ottenuti attraverso corporate bond e azioni, per un netto tra il 3,2 e il 3,4%. Mentre sulle scadenze a medio termine occorre accontentarsi di poco meno del 3% lordo (poco più del 2,6% netto) per il Btp a tre anni e del 3,2% (2,8%) per il quinquennale.
Dal lato della domanda, le ultime aste sono state un grande successo: tra il nuovo Btp a 7 anni e la riapertura del Btp a 30 anni hanno ricevuto richieste per oltre 155 miliardi di euro a fronte di un’offerta di 15 miliardi, con gli investitori esteri all’81% del totale nel primo caso e al 77% nel secondo. Il che sta a dimostrare il grande interesse degli operatori di mercato verso i titoli del debito pubblico, a fronte di un rischio che comunque resta superiore rispetto alle altre grandi economie occidentali, a cominciare da Germania e Francia. «Il 2023 ha registrato un boom per i titoli di Stato sia per i rendimenti tornati elevati, sia per un effetto moda che ha portato a rinforzare i portafogli di questi asset, che per molti erano diventati marginali nell’era dei tassi ai minimi», è l’analisi Gianluca Scelzo, consigliere delegato di Copernico, società di intermediazione mobiliare con sede centrale a Udine e una forte presenza a Milano.
L’esperto si attende un proseguimento di questa tendenza ancora per qualche mese, ma vede qualche rischio (per lo Stato) nella seconda parte dell’anno, quando le scadenze aumenteranno e la domanda di investimento nei titoli governativi del nostro Paese potrebbe essere già stata in buona parte soddisfatta. Questo da una parte potrebbe costringere lo Stato ad alzare il rendimento offerto (aspetto vantaggioso nell’ottica di chi sottoscrive le emissioni), dall’altra potrebbe generare volatilità sui titoli.
In uno scenario ipotetico di tensione, sottolinea Scelzo, non è da escludere un ampliamento dello spread (cioè del differenziale di rendimento tra Btp decennale e Bund tedesco con la medesima scadenza), come spesso accaduto in passato. Un’eventualità che potrebbe verificarsi anche in caso di nuove tensioni a livello geopolitico. Queste considerazioni spingono Scelzo a sottolineare l’importanza di considerare i titoli di Stato italiani a medio-lunga scadenza come parte di un portafoglio articolato. «È consigliabile diversificare l’investimento sia come durata, sia come tipologia di investimenti e anche come aree geografiche. Negli investimenti vale il vecchio adagio in virtù del quale è sbagliato mettere tutte le uova nello stesso paniere», sottolinea. «Questo a maggior ragione per un italiano, che già si assume il rischio-Paese nel momento in cui lavora o ha la pensione e i propri risparmi in Italia».
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