I giovani adesso emigrano dalle regioni del Nord Italia. Cercano stipendi migliori, meritocrazia e responsabilità

Un’importante ricerca di Fondazione Nord Est e Regione Veneto sul mezzo milione di giovani che, negli ultimi anni, hanno lasciato casa per studiare all’estero
Luca Piana
epa05675363 A refugee from Syria is concentrated on his work on a circuit board at the educational workshop of the German Railway AG in Erfurt, Germany, 14 December 2016. Fourteen young people are attending an 8-week educational qualification with the programm 'German Railway Check-Up for Refugees'. It will serve as career orientation and additionally help to integrate refugees into the German employment system. The goal is making an apprenticeship as an electrician possible for them. EPA/MARTIN SCHUTT
epa05675363 A refugee from Syria is concentrated on his work on a circuit board at the educational workshop of the German Railway AG in Erfurt, Germany, 14 December 2016. Fourteen young people are attending an 8-week educational qualification with the programm 'German Railway Check-Up for Refugees'. It will serve as career orientation and additionally help to integrate refugees into the German employment system. The goal is making an apprenticeship as an electrician possible for them. EPA/MARTIN SCHUTT

Cercano stipendi migliori, ma anche la possibilità di accedere fin da subito a incarichi di maggiore responsabilità, così come un mercato del lavoro più meritocratico. Sono questi alcuni dei risultati di un’indagine che, per la prima volta, mette a fuoco i motivi della colossale fuga di giovani che, in combinazione con il calo demografico, sta riducendo le possibilità dell’Italia di costruirsi un futuro sociale ed economico all’altezza del presente.

L’idea di effettuare l’indagine era venuta qualche tempo fa alla Fondazione Nord Est, per tentare di capire come mai un numero crescente di studenti e giovani lavoratori lasci le regioni del Nord Italia, in teoria le più ricche del Paese e con tante offerte di lavoro che non trovano candidati adatti, per cercare fortuna oltre confine. Lo spunto si è tradotto in un volume intitolato “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero. Propensione e motivazione”, arrivato ora in libreria, che meriterebbe di essere letto con attenzione da chiunque si occupi di politiche pubbliche.

La ricerca è stata condotta da un gruppo di lavoro misto, costituito dalla Fondazione Nord Est e dalla Regione Veneto. Anche se il governatore Luca Zaia ha avuto il merito di promuovere e sostenere l’indagine, i risultati in gran parte riguardano tutte le regioni del Nord Italia.

Per capire la portata del fenomeno, è bene partire da alcuni numeri di contesto, elaborati dall’Istat sulla base delle iscrizioni e delle cancellazioni all’anagrafe. Dal 2011 al 2021, il numero degli italiani che si sono trasferiti all’estero è cresciuto sempre più, passando dai 50 mila l’anno di inizio periodo ad oltre 120 mila. Dopo la frenata del 2021 causata dal Covid, già nel 2022 gli espatri sono tornati a salire (+5,6%). L’aspetto più drammatico riguarda proprio i giovani: dal 2011 al 2020 sono andate via oltre 451 mila persone tra i 18 e i 34 anni, il 4,4% della popolazione dei pari età. È vero che qualcuno nel frattempo rientra ma il saldo resta largamente negativo, con oltre 317 mila giovani in meno.

I numeri dicono che, di fatto, il flusso più consistente parte dalle regioni del Nord. Sempre nei dieci anni considerati, sono andati via oltre 124 mila giovani dal Nord Ovest e oltre 91 mila dal Nord Est, il 4,6% dei pari età. E ancora: in un’epoca in cui gli imprenditori lamentano la fatica di trovare risorse qualificate, se nel 2011 il 45% degli espatriati aveva tra i 30 e i 34 anni, ora il 26% sono spesso studenti (18-24 anni), mentre il 43% è rappresentato da quei giovani già formati che vanno all’estero per lavorare (25-29 anni).

Un ultimo dato, particolarmente allarmante: se è un bene che le nuove generazioni coltivino una mentalità internazionale, il problema dell’Italia è che non riesce ad attrarre ragazzi qualificati dall’estero. Dal 2011 al 2021 dalle regioni del Nord Italia oltre 127 mila giovani sono volati verso Belgio, Francia, Germania, Olanda, Svizzera e Regno Unito, i sei Paesi preferiti da chi espatria. Da quegli stessi Paesi, però, sono arrivati nel Nord Italia soltanto 17 mila giovani, un rapporto di sette a uno. Un dato che mostra con chiarezza la scarsa attrattività del nostro mercato del lavoro, a dispetto della presenza sul territorio di tante imprese capaci di esportare in tutto il mondo.

Per far luce sulle ragioni di chi resta e di chi parte, i ricercatori hanno effettuato due indagini diverse. La prima ha ascoltato un campione rappresentativo di 1.921 giovani tra i 18 e i 34 anni residenti nel Nord Italia. Per quelli già trasferiti all’estero, in mancanza di statistiche certe, si è puntato su un’indagine “a palla di neve”, veicolando i questionari attraverso diversi canali. Alla fine sono arrivate 856 risposte valide, perché complete e provenienti da giovani partiti dal Nord Italia.

I risultati sono molto articolati ma ci sono alcuni aspetti che balzano agli occhi. È stato chiesto a entrambi i gruppi come immaginano il proprio futuro. La risposta “frutto del mio impegno” è stata scelta dal 58,7% dei giovani che sono rimasti qui e dall’86,4% di chi è emigrato. Tra chi è rimasto il futuro viene visto “ricco di opportunità” dal 33,6%, tra chi è partito dal 67,3%.

Le due indagini fanno luce anche sui fattori che attraggono o allontanano dall’Italia. La mancanza di meritocrazia è l’aspetto che più spingerebbe quelli che vivono qui ad andarsene, così come la scarsa apertura internazionale. Al contrario si salvano la qualità della vita e l’offerta culturale e artistica. Quest’ultimo aspetto è l’unico elemento vincente anche tra i fattori che indurrebbero gli espatriati a rientrare, mentre il giudizio è negativo per la quasi totalità degli intervistati sia per la meritocrazia che per l’apertura internazionale.

Riproduzione riservata © il Nord Est