Il fondatore di Th Resort Graziano Debellini: «Il turismo ha bisogno di una migliore programmazione»

Servono nuovi modelli in un'epoca storica in cui «la pandemia ha accelerato un’evoluzione della domanda sempre di più orientata verso la richiesta di esperienze complesse»

PADOVA. «Bisogna imparare dalle circostanze, non neutralizzarle. Il turismo, un settore che in Italia vale il 14% del Pil e il 17% dell’occupazione, ha bisogno di nuovi modelli di sviluppo e piani industriali di grande respiro». A dirlo Graziano Debellini, fondatore di Th Resort un gruppo che conta su 28 tra hotel e resort, 10.800 addetti, incluso l’indotto, e un fatturato che nel 2019 sfiorava i 100 milioni di euro.

«Nel nostro settore, manca la programmazione, mancano modelli industriali di riferimento, manca un’evoluzione organizzativa»,  continua Debellini, «In Italia le strutture sono addirittura 33 mila, 27 mila delle quali sono piccole realtà a conduzione familiare. Questo non è necessariamente un male, anzi, il turismo ha garantito una ricchezza diffusa. E tuttavia viviamo di improvvisazione quando invece avremmo bisogno di strumenti di marketing e di indagine della domanda solidi e strutturati, di una finanza dedicata (che ha preso un po’ forza ultimamente grazie all’intervento di Sace e Cassa depositi e prestiti) di progettualità, investimenti, grandi gruppi in grado di guidare le filiere».

Per il turismo si parla di perdite di fatturato e di presenze davvero drammatiche, che per fine anno, secondo molti osservatori, rischiano di trasformarsi in un dimezzamento degli introiti per le strutture. Il Covid ha di fatto dato un colpo pesante a un settore altrimenti in piena espansione.

Una battuta d’arresto che invita ad alcune riflessioni. «La pandemia ha accelerato un’evoluzione della domanda che si orienta sempre di più verso la richiesta di esperienze complesse, che associno lo svago alla cultura, al paesaggio, alla conoscenza delle comunità in cui si è accolti» ha spiegato Debellini.

«Un tempo gli alberghi aspettavano che i clienti suonassero il loro campanello, ora non è più così: si deve offrire un’esperienza immersiva che garantisca una vacanza con un’intensità diversa. L’esempio è quello della bottiglia di vino: un conto è se ti viene messa sul tavolo, magari con tanto di cavatappi per aprirtela, un altro conto è se a fianco a te c’è una persona che quella bottiglia te la apre, la fa respirare, e nel frattempo ti racconta di come quel vino viene prodotto, quali caratteristiche ha, il suo contesto culturale e ambientale. Questo esempio ci dice che dobbiamo lavorare molto sulla formazione, la digitalizzazione e la sostenibilità, tre pilastri del nostro futuro». —

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