«Il Mediterraneo al centro della ripresa dei traffici»
L’accorciamento delle catene commerciali premia lo scalo giuliano»
Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, vede uno scenario di graduale ritorno alla normalità per i traffici marittimi: «I porti del Sud Europa nei traffici container stanno crescendo più velocemente di quelli del Northern Range guadagnando quote di mercato. Si spiega così anche l’interesse tedesco per il porto di Trieste che ricopre un ruolo strategico nella subfornitura alle filiere industriali dell’auto e della meccanica in Paesi come Austria e Ungheria». I mercati mondiali sono in pieno recupero: «Il trasporto marittimo mondiale nel 2021 ha pienamente recuperato i livelli pre-crisi -spiega Deandreis. Nella prima parte di quest’anno siamo già tornati sui livelli pre-Covid. Dopo il crollo del 2020 (-17%), la stima per quest’anno prevede un rimbalzo del 3,4%».
Secondo l’ultimo rapporto di Assoporti-Srm la risalita dei porti italiani è cominciata già nei primi 9 mesi del 2021 che hanno registrato una ripresa dei traffici del 10%, pari a oltre 345 milioni di tonnellate. Il Ro-Ro registra la crescita più alta soprattutto a Trieste (+28,9%). Nell’interscambio commerciale dei porti prevalentemente entrano apparecchi meccanici e petrolio greggio ed escono per essere esportati gli apparecchi meccanici e i prodotti chimici. Il Friuli Venezia Giulia è tra le regioni che hanno superato i 5 miliardi di euro di import-export marittimo.
Il porto di Trieste torna a collocarsi nell’area della Mitteleuropa e viene premiato dall’accorciamento delle catene della logistica mondiale che tornano a guardare al Mediterraneo: «Oggi non è più così conveniente delocalizzare le produzioni in Paesi come la Cina sfruttando il basso costo della manodopera. Per questo si assiste al fenomeno del reshoring con il ritorno a casa delle produzioni. Il Friuli Venezia Giulia e Trieste hanno un vantaggio competitivo rispetto ad esempio alla Liguria e al porto di Genova, dove vediamo supply chain lunghe che esportano via mare nell’America del Nord. Nel porto di Trieste invece si concentrano le merci provenienti dai paesi europei non-Ue che poi vengono esportate soprattutto in Asia orientale verso la Turchia sfruttando anche il rilancio del Canale di Suez».
Con quali nuovi scenari per i traffici? «L’accorciamento delle catene commerciali premia i porti euromediterranei che sfruttano i nuovi equilibri mondiali dopo che la pandemia ha messo sempre più in luce la fragilità delle supply chain globali. Lo dimostra la crescita record delle merci Ro-Ro a Trieste (+28,9%) che soffrono meno l’impennata fortissima dei noli rispetto al trasporto container». Si accorciano le rotte del commercio mondiale: «Grandi gruppi come Ikea e Benetton hanno spostato produzioni dalla Cina alla Turchia. Vedremo un forte sviluppo dell’export nell’area del Mediterraneo e del Mar Nero».Lo scenario resta però complicato. La pandemia ha avuto un impatto devastante sull’economia del mare: «Basti pensare-prosegue Deandreis- alle oscillazioni del prezzo del petrolio. L’impennata dei noli caratterizza lo shipping su tutte le principali rotte con aumenti vertiginosi: nel terzo trimestre 2021 lo Shanghai Containerized Freight Index registrava un +255% sul 2020. La grande frenata della logistica globale ha poi colpito il trasporto dei container, per i quali si è manifestata la carenza di vuoti nei mercati di esportazione del Far East stressati dalla pandemia». Dopo la forte crisi di fine 2020, secondo il rapporto Srm a novembre 2021 solo il 34% delle navi è arrivato in orario nel porto di destinazione con una media dei ritardi delle navi di 7,3 giorni.In Italia sono oltre 12.600 le imprese della filiera, in crescita dell’8% rispetto a 10 anni fa: «Il trend dell’import export via mare, anche a Trieste, sta recuperando pienamente i livelli pre-crisi». Il Pnnr è un’occasione storica e non solo per uscire dalla pandemia: «Sono risorse importanti per colmare un divario esistente. L’Italia resta purtroppo molto indietro rispetto agli altri grandi porti europei. Secondo un indice di performance che misura l’efficienza della logistica siamo appena diciannovesimi al mondo. Abbiamo bisogno di investire nei principali nodi infrastrutturali dei porti. Oggi nei grandi porti mondiali, come Amburgo e Singapore, si creano nuove imprese e si attraggono investimenti nelle fonti di energia alternative come l’idrogeno. Trieste mi pare avviata su questa strada, anche per indubbie capacità gestionali e manageriali». Il futuro? «Immagino possibili e future sinergie con il porto di Venezia».
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