Il pm De Bortoli: "Veneto Banca fu una vera e propria frode"

Una «vera e propria frode bancaria» quella perpetrata nei confronti dei risparmiatori da Veneto Banca, così il procuratore della Repubblica reggente di Treviso, Massimo De Bortoli, ha definito la tragica vicenda del crac dell'istituto veneto, nel corso di una audizione in commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
«Consoli unitamente ad alcuni dirigenti hanno volutamente e consapevolmente tenuto occultato le gravi perdite che l’istituto aveva subito dal punto di vista del patrimonio di vigilanza dovuto ad una sciagurata politica di concessione dei finanziamenti in alcuni casi senza alcuna garanzia», ha affermato.
Il tutto, ha aggiunto, mentre «il valore dell’azione stabilito dall’assemblea dei soci su proposta del consiglio di amministrazione era sempre tenuto molto elevato a dispetto della reale condizione economica e patrimoniale della banca. Si è calcolato che quando nel 2015 l’azione valeva 39 euro in realtà ne valesse 7 o 8». Il valore dell’azione nel 2016 in occasione di un ultimo tentativo di aumento di capitale crollò poi a 0,10 euro.
«Addirittura Vincenzo Consoli aveva acquistato opere d'arte e arredi d'antiquariato per oltre 6 milioni di euro che sono poi stati stimati da case d'arte del calibro di Sotheby's per un valore massimo di 1,6 milioni». È uno dei dettagli relativi all'ex amministratore delegato di Veneto Banca emersi nel corso delle indagini, sui quali si è soffermato oggi il procuratore reggente della repubblica di Treviso, Massimo De Bortoli, durante un'audizione alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
L’ex amministratore delegato di Veneto Banca Vincenzo Consoli fu un «despota assoluto» ha aggiunto. «Gli era facile manipolare e manovrare i dirigenti per far dare false informazioni - ha spiegato - era il padrone assoluto senza alcun limite, non solo poteva far licenziare qualsiasi dirigente sgradito ma poteva anche allontanare gli amministratori o i sindaci della società. Era un despota assoluto e il valore dell’azione lo decideva lui. Poi in Cda tutti dicevano sì va bene e «chi era contrario era messo a tacere. Quando poi la banca è diventata Spa tutta questa messa in scena è crollata miseramente».
De Bortoli, titolare dell'inchiesta su Veneto Banca, ha spiegato come molte condotte «distrattive o dissipative, consistenti in particolare nella concessione di crediti per importi considerevoli a società che non avevano alcuna garanzia e che magari si trovavano già in situazioni di insolvenza e che hanno depauperato il patrimonio» della banca, abbiano condotto alla contestazione a Consoli, oltre ai reati di ostacolo alla vigilanza, truffa e aggiotaggio, anche quello di bancarotta fraudolenta.
«Mi sono reso conto - ha spiegato ancora il procuratore - che tutti i reati in precedenza ipotizzati comportano termini di prescrizione piuttosto brevi, ed è facile che molti si estingueranno in primo o in secondo grado. Perciò, consapevole di questo, ho chiesto la declaratoria di insolvenza per Veneto Banca, accolta dal Tribunale di Treviso e confermata dalla Corte d'Appello di Venezia, rendendo così possibile instaurare il procedimento per bancarotta fraudolenta».
Riproduzione riservata © il Nord Est