Il report di sostenibilità: obbligatorio per oltre 4 mila imprese

Da settembre 2024 dovranno assoggettarsi alla nuova normativa tutte le imprese con più di 250 dipendenti medi, un attivo di stato patrimoniale superiore ai 25 milioni e ricavi netti superiori a 50 milioni di euro, oltre a tutte le imprese quotate, incluse le Pmi

Edoardo Bus

Il principale rischio d’impresa che vedono gli amministratori delegati delle aziende italiane da qui a dieci anni? Gli eventi estremi determinati dai cambiamenti climatici. 

Anche per questo bisogna porre grande attenzione, da parte delle imprese, ai fattori ESG (Environmental, Social, Governance) e soprattutto a quelli ambientali, che entrano nei bilanci e nella vita delle imprese, a maggior ragione adesso che la Direttiva (UE) 2022/2464, sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), è diventata una legge italiana, entrata in vigore da qualche giorno, il 25 settembre scorso.

Se ne è parlato in Confindustria Treviso nell’ambito del convegno “Il valore del reporting”, organizzato con FERPI per promuovere a Nord Est l’”Oscar di bilancio”, che verrà assegnato a Milano a dicembre.

Il professor Stefano Zambon, Segretario Generale dell’Organismo Italiano di Business Reporting, ha spiegato che dovranno assoggettarsi alla nuova normativa «tutte le imprese che abbiano più di 250 dipendenti medi, un attivo di stato patrimoniale superiore ai 25 milioni e ricavi netti superiori a 50 milioni di euro, oltre a tutte le imprese quotate, incluse le PMI».

Insomma, un obbligo pervasivo che riguarderà ben 4150 imprese e che «inevitabilmente coinvolgerà anche numerosissime PMI – aggiunge Zambon - per via del requisito prevista dalla CSRD di estendere il perimetro dell’informazione alla catena del valore».

Il Report di sostenibilità entra di prepotenza nella vita delle aziende, negli organigrammi e nei bilanci, anche perché comporterà costi stimabili, a seconda delle dimensioni, tra il milione ed i 150mila euro.

«Le aziende dovranno migliorare in modo significativo – ha concluso Zambon - la qualità dei propri sistemi di controllo e misurazione interni per il reporting di sostenibilità, con misure che tengano presente i fattori socio ambientali e i relativi rischi informativi”. A partire da queste premesse – dopo i saluti iniziali di Filippo Pancolini, vicepresidente di Confindustria Treviso e di Flippo Nani, presidente Ferpi – si è sviluppato un dibattitto sul tema della sostenibilità e dei fattori ESG che ha coinvolto le imprese: Sparkasse, Tecnica Group, Molino Rachello e Faita/FederCamping.

«La sostenibilità è uno dei pilastri del nuovo piano industriale del Gruppo – ha detto Emiliano Picello, Direttore Private e Corporate Banking di Sparkasse/Cassa di Risparmio di Bolzano – che traduciamo in una serie di azioni concrete, che vanno da una maggiore attenzione alla transizione ambientale ed energetica nella nostra attività creditizia fino alla costituzione di Sparkasse Energy, per produrre energia da fonti rinnovabili a copertura dei consumi energetici dell’intero Gruppo. Un Gruppo che comprende Civibank, unica banca a livello nazionale con lo status di società benefit».

«Per noi sostenibilità significa prendersi cura – sostiene Sara Rachello, responsabile marketing di Molino Rachello, uno dei precursori del biologico – e si tratta di un percorso lungo e ambizioso, che si estende a tutta la filiera e coinvolge sia territorio che comunità, un esempio del quale sono le “Oasi Rachello».

«L’impegno di Tecnica Group verso la sostenibilità è parte della cultura aziendale, in cui l’attenzione all’ambiente si accompagna ad una governance di Gruppo calibrata sullo sviluppo responsabile – ha aggiunto Arianna Colombari, Sustainability Director di Tecnica Group. Un’azione che sintetizza i nostri sforzi è il progetto di economia circolare Recycle Your Boots, che in quattro anni dal lancio ha permesso di dare una seconda vita, attraverso il riuso o il riciclo dei materiali, a 28mila scarponi da sci usati in tutta Europa».

«Il nostro obiettivo prioritario è la valorizzazione del comparto attraverso la promozione della cultura d’impresa e la qualificazione del management, con particolare riferimento al tema della sostenibilità – ha concluso Alberto Granzotto, presidente di Faita Federcamping, la Federazione che rappresenta il turismo Open Air, che movimenta circa il 16% delle presenze della filiera turistica nazionale. Tra i nostri risultati, l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e bilanci di sostenibilità con attenzione ad oltre 70 indicatori».

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