Il super consorzio Cai Agrinordest si spacca, litigano i coltivatori

Il piano è creare due società: una operativa, l’altra immobiliare. Un’operazione da due miliardi di euro su cui le tensioni non si placano
Il quartier generale di Agrinordest a Verona
Il quartier generale di Agrinordest a Verona

PADOVA. Non si diradano le nubi attorno al grande progetto economico-finanziario di aggregazione dei Consorzi Agrari Italiani. Un'operazione tra gli 1,5 e i 2 miliardi di euro, lanciata già nel luglio 2019 con la partecipazione attiva della Coldiretti Nazionale e che prevedrebbe l'aggregazione dei principali consorzi italiani attorno a due società: Consorzi Agrari D'Italia Spa, a cui fa capo la gestione dei consorzi, con i servizi, le attività commerciali e produttive, e Consorzi Agrari D'Italia Real Estate Srl che dovrebbe invece gestire il cospicuo patrimonio immobiliare conferito.

Ma l'operazione continua a vedere il parere negativo del consiglio di amministrazione del Consorzio Agrario del Nordest, un colosso frutto dell'aggregazione delle strutture di Padova, Rovigo, Venezia, Verona, Mantova e Brescia che fattura ogni anno oltre 400 milioni di euro e può contare su di un patrimonio di oltre 150 milioni di euro e su bilanci in attivo.

Contro ogni previsione il cda di Agrinordest il 20 aprile 2020, con un solo voto di scarto, aveva rifiutato la proposta di aggregazione presentata dallo stesso presidente del consorzio Ettore Prandini, contemporaneamente anche presidente di Coldiretti nazionale e personalmente tra i principali promotori dell'iniziativa. In effetti i 30 membri del cda di Agrinordest ( 31 se si aggiunge il presidente) sono sostanzialmente espressione di Coldiretti essendo solo 4 i rappresentati di Confagricoltura e addirittura nessuno in capo a Cia.

«In Agrinordest più di un dirigente non gradisce l'operazione» spiega il presidente regionale di Cia Gianmichele Passarini. «Il fatto che il presidente del Consorzio, che è anche presidente nazionale di Coldiretti, per ben due volte (la seconda il 12 maggio 2020) sia andato in minoranza la dice lunga su quella che noi leggiamo come una profonda spaccatura interna all'associazione. Questa operazione per noi e i nostri soci, presenti solo in assemblea, ha svariati profili di scarsa trasparenza. Lo testimonia anche semplicemente il fatto che i membri dell'assemblea del Consorzio non hanno ricevuto alcuna informativa ufficiale su questa operazione e che gli unici documenti a cui hanno avuto accesso sono stati distribuiti a latere dei canali ufficiali».

Cai vede la partecipazione ad oggi di quattro grandi consorzi italiani (quello dell'Emilia, del Tirreno dell'Adriatico e del Centro Sud), di Scca (Società Consortile Consorzi Agrari, società di servizi nata nel 2009) e Bonifiche Ferraresi.

Nata nel 1872, quest'ultima è ad oggi una società quotata presso il segmento Mta di Borsa Italiana e conta su una proprietà dove compaiono alcuni dei grandi della finanza italiana: tra gli azionisti è presente Fondazione Cariplo, Cassa Depositi e Prestiti Equity Spa, la Holding Dompé, una serie di società del Gruppo Gavio e altre realtà (tra cui Elfe ed Arum) di proprietà dell'attuale Ad di Bonifiche Ferraresi ed ex presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni.

Il progetto, pure a fronte dell'opposizione di Agrinordest, di alcuni dei grandi Consorzi del nord e dell'interessamento della terza commissione della regione Veneto (riunitasi all'inizio di gennaio), prosegue il suo corso con l'approvazione (a dicembre del 2020) da parte del cda del Consorzio Agrario di Treviso e Belluno, e con quella (contestata dai rappresentanti in cda di Confagricoltura durante la votazione della fine del gennaio scorso) del consorzio del Friuli Venezia Giulia.

A gennaio Cai ha incassato anche l'ok del Consorzio Agrario dell'Umbria e di quello del Nordovest (Piemonte e Liguria). «Come consigliere di amministrazione del Consorzio di Treviso e Belluno» spiega il presidente regionale di Confagricoltura Lodovico Giustiniani «non ho ricevuto le informazioni che ritenevo necessarie per potermi esprimere positivamente sull'aggregazione. Come agricoltore e come socio ritengo che per vagliare positivamente un progetto come questo devo poterne valutare l'efficacia tramite un business plan che non mi è stato sottoposto. L'impressione che ho avuto, credo simile a quella dei colleghi di Confagricoltura in seno ad Agrinordest, è che in effetti si stia lavorando ad un contenitore finanziario i cui vantaggi per gli agricoltori non sono chiari».

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Salvagno (Coldiretti): «Progetto essenziale, perplessità superabili»

«L'aggregazione in Cai Spa per Agrinordest è un progetto essenziale. Le perplessità sono legittime ma verranno superate». A dirlo Daniele Salvagno presidente regionale di Coldiretti, categoria protagonista di una serie di tensioni interne ad Agrinordest il cui cda ha rifiutato in due occasioni la proposta di aggregazione.

Perché le tensioni all'interno del Cda di Agrinordest?

«Non parlerei di tensioni, ma della legittima necessità di conoscere bene il progetto. Davanti alle novità è sempre così. Il progetto Cai rappresenta il decisivo passo in avanti che le imprese chiedono: solidità finanziaria, mutualità ed economie di scala, investimenti. Lasciamo ad altri continuare a dire quel che non va e quel si dovrebbe fare per l’agricoltura italiana. Noi abbiamo preferito lavorare per costruire risposte alle domande degli agricoltori. Ad esempio di irrobustire il sistema di ritiro dei cereali, ma allo stesso tempo di essere protagonisti non solo della produzione agricola, ma del cibo. Di occuparsi, per esempio, non solo del ritiro del grano, ma della trasformazione e commercializzazione della pasta con l’unico scopo di lasciare alle imprese il valore del cibo e non solo quello purtroppo ora insufficiente della produzione agricola».

Eppure proprio all'intero di un cda “blindato” da una maggioranza di 26 consiglieri di Coldiretti su 30 (più il presidente Prandini) la proposta non passa. Si stanno creando dei differenti schieramenti all’interno di Coldiretti regionale a riguardo?

«Macché schieramenti! È troppo alta la posta in gioco. Semmai c’è il desiderio di conoscere bene il progetto. A gennaio siamo stati anche in Commissione regionale agricoltura a spiegarlo».

Agrinordest, con i suoi 400 milioni di euro e oltre di fatturato annuo è un grosso boccone per la nuova aggregazione. Quali sono i valori in campo?

«Ai Consorzi dell'Emilia, dell'Adriatico, del Tirreno e del Centro Sud che già hanno aderito si aggiungono le delibere di approvazione dei cda del Consorzio Agrario di Treviso e Belluno, del Friuli e Venezia Giulia, del Nord Ovest con Piemonte e Liguria, e dell’Umbria. Insieme fatturano 800 milioni di euro. Il progetto sta crescendo e non credo si fermerà».

Come mai così fiducioso?

«Perché credo che questo sia una occasione che non possiamo lasciarci sfuggire. Un progetto che mira a costituire una piattaforma per la protezione, lo sviluppo e il futuro delle aziende agricole. Un polo di riferimento a sostegno dello sviluppo e della competitività dell’agricoltura italiana di fronte al crescente strapotere delle multinazionali». —

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