Altromercato, la sfida etica al consumismo: fatturato a 55 milioni e 224 punti vendita

Circa 55 milioni di euro di fatturato consolidato di gruppo, 81 dipendenti diretti, 224 punti vendita sparsi in tutto il Paese e la prospettiva, non facile, di quadrare il cerchio tra le esigenze delle cooperative di produttori locali dei paesi in via di sviluppo e quelle di consumatori italiani indeboliti da anni molto difficili.
Questa la sfida di Altromercato, attualmente il secondo operatore del commercio equo e solidale nel mondo e secondo contribuente del Wfto (World Fair Trade Organization) dopo la tedesca Gepa il cui fatturato annuo si aggira intorno ai 70 milioni di euro.
Una storia del Nordest iniziata ancora nel 1985 quando Rudi Dalvai, uno dei tre fondatori di Altromercato, dopo aver scoperto i prodotti del Commercio Equo decise, assieme ad un amico, di aprire una Bottega a Bolzano, in via Alto Adige dov’è ancora oggi.

Una scelta di volontariato che impone di muoversi all’inizio acquistando tramite le grandi centrali europee come Gepa e Heza ma che vede i fondatori scegliere di agire anche in proprio andando a conoscere di persona i primi produttori in Bangladesh. Da questa prima esperienza nasce la volontà di proseguire in un progetto che crescerà a partire dalla fondazione, nell’agosto dell’87, di una società a nome collettivo, CTM s.n.c., che l’anno dopo divenne una cooperativa.
Così nel 1988 Rudi Dalvai assieme a Heini Grandi e Antonio Vaccari fondarono Altromercato, decisi a sostenere il progetto di UCIRI, organizzazione di contadini di caffè biologico del Messico. Da quell’anno ad oggi le cose sono cambiate e la cooperativa attualmente intesse una rete di relazioni strategiche con circa 150 organizzazioni di produttori in tutto il mondo, conta su 224 punti vendita in Italia (di cui 8 in Friuli Venezia Giulia, 15 in Veneto, 10 in Trentino Alto Adige) e fattura, solo come Altromercato, 34,5 milioni di euro, in crescita rispetto ai 34,3 milioni dell’esercizio precedente. Una realtà solidale con i piedi bene piantati in terra, forte di un margine di contribuzione a 6,19 milioni di euro (il 18% dei ricavi), un ebitda a 231 mila euro (margin 0,7%) e la capacità di dimezzare in un solo anno la perdita di esercizio a bilancio 2020-21 (l’anno durissimo del Covid) portando la perdita da oltre 779 mila a 340 mila euro.

La cooperativa è anche socia al 50% di CTM AgroFair (assieme a AgroFair Europe) che commercializza principalmente frutta e verdura (principalmente banane ma non solo) equo-solidali e da cui ricavava a bilancio 2021-22 circa 20 milioni di euro.
«Il Covid ha avuto un impatto pesante sui prezzi, sia alla produzione che la consumo» spiega il presidente di Altromercato, il trevigiano Alessandro Franceschini. «e noi abbiamo assorbito in parte significativa entrambi gli aumenti di costo con conseguenze dirette sul nostro conto economico.
E tuttavia, grazie ad un programma molto serio di investimenti, di iniziative commerciali sul fronte della collaborazione con le grandi imprese della trasformazione alimentare del Made in Italy, (mercato in crescita del 20% annuo e che vale ormai 10 milioni di euro al bilancio) ma grazie anche all’intervento dei soci finanziatori e al supporto delle centinaia di volontari, siamo convinti di tornare per lo meno a pareggio di bilancio con l’esercizio 2024-25. Lo faremo crescendo nei volumi e nell’impatto che la nostra attività ha sulle relazioni tra il nostro mondo e le comunità dei produttori agricoli nei paesi in via di sviluppo».
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