Amarone, fine della guerra del nome: le “Famiglie storiche” rinunciano
Zenato: «È bene che si continui a parlare di questo vino sui mercati e non nelle aule di tribunale»
VERONA. A distanza di due anni dalla sentenza della Corte d’Appello numero 4333/2019 che sanciva il divieto all’utilizzo del nome ‘Famiglie dell’Amarone d’Arte’, oltre che la conseguente nullità del marchio e del cosiddetto Manifesto dell’Amarone d’Arte, la relativa pronuncia è stata pubblicata a pagamento su alcuni quotidiani, riproponendo una storia ormai vecchia, anche se la giustizia fa il suo corso ed è ancora pendente il ricorso in Cassazione.
Vecchia perché da fine 2017, anno della prima sentenza del Tribunale di Venezia – che stabilì che le famiglie non potevano più utilizzare il termine “Amarone” per qualificare la loro associazione - quel marchio “ombrello” è stato abbandonato ed è stato adottato il nome “Famiglie storiche”, ovvero le 13 Cantine riunitesi dal 2009 (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi Agricola, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato), che si riconoscono nei valori di storicità e artigianalità, unite per far conoscere e preservare non solo i vini, ma anche una delle più strategiche zone di produzione vitivinicole italiane: la Valpolicella.
Ma, a suo tempo, Il Consorzio tutela vini Valpolicella ed altri si ritennero offesi dalla denominazione di “Famiglie dell’Amarone d’Arte” ed avviarono un’iniziativa legale, quando era presidente del Consorzio Christian Marchesini, che commentò: «Il termine Amarone va innanzitutto correlato alla Valpolicella, come impone il disciplinare di produzione. Non va usato in maniera laudativa, quasi esistesse un Amarone di serie A e di serie B».
Ormai, come si diceva, è un tema superato, al punto che il presidente delle Famiglie storiche Alberto Zenato dichiara: “Mi spiace per la sentenza e per aver dovuto spendere questi soldi in pubblicazionI ormai inutili, visto che da anni abbiamo rimosso dalle bottiglie il vecchio logo. Avevamo offerto al Consorzio, in alternativa, di investire in un’attività promozionale a favore della denominazione dell’Amarone e anche in beneficenza. Purtroppo, non è stato possibile, ma ora pensiamo a scrivere un nuovo capitolo della vicenda, cercando di lavorare in sintonia e non in contrapposizione”.
Almeno per ora, però, le strade dei due gruppi continuano separate. Le famiglie storiche non entrano nel Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella, a cui si erano uniti nella causa marchi noti come Sartori o Cantina sociale di Soave, e continuano imperterrite nella loro attività di promozione comune della qualità. “Faremo masterclass, presentazioni e parteciperemo insieme a Vinum – dice Zenato. Stiamo per lanciare un docufilm di quindici minuti. Posso capire che in passato qualcuno si sia irritato, ma ora è bene puntare tutti alla valorizzazione di una denominazione tra le più apprezzate al mondo”.
La questione relativa alla denominazione era stata discussa anche in sede europea, dove il provvedimento aveva però dato esito opposto. L’Ufficio per la proprietà intellettuale (Euipo) aveva infatti respinto le richieste avanzate dal Consorzio Vini Valpolicella e affermato l’assoluta correttezza e la possibilità di registrazione del vecchio marchio “Famiglie dell’Amarone d’Arte”. Una possibilità comunque abbandonata dalle “Famiglie storiche”, che tornano in Europa con questo nome nelle prossime settimane, ad Amburgo, a Monaco, a Zurigo. “È bene – conclude Zenato – che si continui a parlare di Amarone in cantina e sui mercati e non nelle aule di tribunale”.
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