Anna Mareschi Danieli, eletta alla guida di Confindustria Slovenia

La vicepresidente degli industriali friulani è la nuova presidente

dell’associazione che rappresenta le aziende italiane in quel Paese

Elena Del Giudice

Anna Mareschi Danieli, vicepresidente di Confindustria Udine, è la nuova presidente di Confindustria Slovenia, l’associazione che rappresenta le aziende italiane presenti nel Paese. Sarà affiancata nel mandato da Dino Feragotto, past president, Igor Pahor e da Franco Coglot, direttore dell’associazione. In squadra anche Giorgio Barzazi (Fantoni-Lesonit), Mitjia Ferri (Generali), Dusan Marjanovic (TPJ - SOL), Sergio Rodda (Flenco), Dario Peric (Ilcam-Ilmest), Matija Klinkon (Led Luks doo) e Alessandro Caprara, Marco Marconi, Valerio Fabbri.

Presidente, intanto perché una rappresentanza confindustriale in Slovenia?

«L’attività di internazionalizzazione è un must degli imprenditori, imprescindibile per la crescita e la competitività delle singole aziende e del nostro sistema Paese, oltre che uno degli assi portanti delle attività di Confindustria nazionale e di Confindustria Udine. Il lavoro di Confindustria Udine iniziato già nel 2009 nell’area Est Europa, sta dando i suoi frutti in un’ottica sinergica con tutte le rappresentanze estere. Credo che la sinergia e la nostra presenza attiva come soci in alcune delle Confindustrie estere, ad esempio Serbia, Montenegro, Slovenia, Polonia, Romania, Albania e altri non potrà che giovare ancora di più a tutte le nostre aziende nell’essere guidate correttamente in questi Paesi, che stanno crescendo molto e rappresentano mercati di grande interesse con margini di crescita di tutto rispetto».

La Slovenia è un mercato di prossimità per il Fvg e per l’Italia che presenta anche vantaggi di tipo industriale. Quali?

«La Slovenia è un paese membro della Ue: quindi parliamo di un campo di gioco e di regole per l’industria e per il commercio simili a quelle italiane. La vicinanza geografica tra Slovenia e Italia ha creato nel tempo le condizioni affinché le aziende italiane si insediassero direttamente in Slovenia anche con stabilimenti produttivi. Storicamente la Slovenia è sempre stata ponte per accordi commerciali e produttivi con l’area del Sud Est Europa e presenta per l’investitore italiano indubbi vantaggi: le lingue straniere sono molto conosciute, le infrastrutture sono già a buon livello ed in fase di continuo rinnovamento, la qualità delle risorse umane è alta, ad alta scolarizzazione e con una percentuale di laureati under 40 tra le più alte in Europa, e gli stipendi medi sono ancora più bassi di un 20% circa rispetto a quelli italiani».

Può rappresentare un’opportunità per piccole e medie imprese del Fvg?

«Certo. La Slovenia alimenta un importante interscambio commerciale con lìItalia, terzo tra i Paesi aderenti a Confindustria Est Europa dopo solo Romania e Polonia. Cultura del lavoro, propensione agli investimenti, personale qualificato e poliglotta sono driver che spingono le Pmi friulane a trovare partnership vincenti in Slovenia».

E può essere una base interessante per operazioni di nearshoring o reshoring?

«Sì, anche se ogni scelta va valutata caso per caso. Una riorganizzazione delle catene globali del valore in chiave regionale, che per noi significa europea, è già in atto».

Qualcuno potrebbe vedere i limiti di queste operazioni, della serie perché non investire in Fvg o in Italia?

«L’una cosa non esclude l’altra. Da tempo non si parla più di delocalizzazione ma di internazionalizzazione, facendo riferimento a una strategia d’impresa che contempla la compresenza di una casa madre in Italia e altre consociate estere che, caso per caso, si ritengono utili ad approcciare in modo più efficiente ed efficace i mercati».

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