Benetton punta sui terzisti: in vendita le attività in Tunisia

L’Ad Claudio Sforza ha avviato un dialogo con il governo nordafricano per garantire incentivi a chi vuole investire

Giorgio Barbieri
Una vetrina di un negozio Benetton
Una vetrina di un negozio Benetton

La decisione ormai è presa. Benetton Group ha deciso di ridurre le attività produttive in Tunisia e per farlo ha avviato un dialogo con il governo di Tunisi per garantire un futuro allo stabilimento a Sahline (Monastir), una struttura di 33 mila metri quadrati su 16 ettari di terreno sulla costa non molto lontano dalla capitale.

Due le direttrici su cui si sta muovendo il nuovo amministratore delegato Claudio Sforza: la prima è quella di trovare un compratore che sia interessato anche alla forza lavoro (più di un centinaio di dipendenti), la seconda è quella di chiedere anche un impegno politico al governo. Il gruppo di Ponzano sarebbe infatti disposto a cedere l’attività ad un prezzo vantaggioso a patto che vengano messi sul piatto incentivi per l’avvio di nuove attività.

Già oggi la produzione di Benetton Group è composta per il 60% da terzisti e dal 40% da stabilimenti propri. Incrementare la quota da terzisti, ragionano fonti vicine al dossier, consentirebbe di preservare l’occupazione diretta in Italia, abbattendo significativamente i costi di produzione e riducendo inefficienze del ciclo produttivo.

La scelta di ridurre drasticamente le attività produttive in Tunisia si inquadra quindi nella situazione di particolare difficoltà industriale e finanziaria che Benetton Group sta attraversando, per superare la quale è stato attivato un piano di razionalizzazione che prevede anche una revisione del modello operativo di approvvigionamento e gestione del prodotto.

La significativa riduzione delle attività della sede produttiva di Benetton Manufacturing in Tunisia è causata da un notevole e perdurante calo dei volumi di produzione, dovuto a un insieme di cause di mercato e relative al business dell’azienda. La riduzione degli ordinativi, costante nel corso dell’ultimo anno, si dovrebbe azzerare nel corso del primo trimestre del 2025, causando purtroppo l’impossibilità di mantenere aperto lo stabilimento tunisino. Sono ovviamente preoccupati i lavoratori che per il 16 gennaio hanno proclamato uno sciopero di tutti i 500 addetti di Benetton Manufacturing Tunisia.

Benetton Group è presente in Tunisia dal 2004 con lo stabilimento a Sahline (Monastir) e altri due laboratori a Sud del Paese nordafricano: il primo a Kassereine, avviato nel 2009, e il secondo a Gasfa, partito un anno dopo su un terreno preso in affitto dal governatorato. Da queste tre piattaforme, nate come Olimpias Group e che producono abbigliamento anche per terzi, dipendono un altro centinaio di laboratori che contano in tutto altri 3.500 addetti tra diretti e indiretti.

Tra i possibili acquirenti ci sarebbe il gruppo veronese Oniverse (ex Calzedonia). Il 27 novembre scorso lo stesso patron di Oniverse, Sandro Veronesi, avrebbe visitato il sito di Monastir. Le altre due fabbriche, temono i sindacati, verrebbero chiuse. Lo sciopero era previsto per oggi, ma secondo quanto riferiscono alcune fonti interne, dopo un dialogo fra il governatorato, la direzione di Benetton Tunisia e le sigle la protesta è stata rimandata al 16 gennaio, quando pare che il gruppo possa mettere sul tavolo incentivi all’esodo.

Tutto questo mentre in Italia è stato raggiunto un accordo per la gestione degli esuberi. L’intesa prevede un aumento degli incentivi all’esodo volontario fino al 30%, percorsi di ricollocazione a carico dell’azienda e un anno di lavoro interinale per i dipendenti coinvolti. È stata inoltre confermata la solidarietà con un limite individuale del 40% fino a febbraio 2025.

Riproduzione riservata © il Nord Est