Burro e formaggi, Brazzale cresce anche in Veneto con le filiere internazionali

Il gruppo vicentino, oltre 300 milioni di fatturato nel 2022, export in 70 paesi, impianti produttivi e filiere di approvvigionamento in Italia, Repubblica Ceca, Cina e Brasile

Federico Piazza
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«Da quando negli anni 90 abbiamo avviato il processo di internazionalizzazione, i nostri dipendenti in Veneto sono quasi quadruplicati».

È molto chiaro Roberto Brazzale, presidente dell’omonimo Gruppo, storica realtà lattiero-casearia vicentina con più di 200 anni di storia, oltre 300 milioni di fatturato nel 2022, export in 70 paesi, impianti produttivi e filiere di approvvigionamento in Italia, Repubblica Ceca, Cina e Brasile.

L’azienda di Zané ha in Veneto cinque sedi operative con circa 500 addetti oggi tra Alto Vicentino e Alta Padovana. Altri 500 sono in Repubblica Ceca, dove dal 2000 Brazzale ha sviluppato un impianto, integrato con quelli italiani, che processa circa 800mila litri di latte al giorno, l’80% di quanto lavorato in Europa dal Gruppo, sfruttando l’elevata disponibilità e qualità di materia prima locale. Inoltre, Brazzale opera nel Paese centro-europeo anche con una catena di 25 negozi di proprietà, La Formaggeria Gran Moravia, che vende 600 articoli di prodotti alimentari italiani di vario tipo, non solo caseari.

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In Cina, il paese più grande importatore al mondo di prodotti lattieri, il Gruppo ha uno stabilimento per il mercato interno che lavora latte locale e semilavorati provenienti dall’Europa. Mentre in Brasile è presente con un allevamento di bestiame da carne per il mercato interno, oltre ad avere piantato una foresta con un milione e mezzo di alberi per la compensazione di Co2.

Per investire nell’approvvigionamento di latte e nella prima lavorazione di formaggi della tradizione italiana in Moravia, Brazzale ha abbandonato il marchio Dop. E, soprattutto nei primi anni, ha affrontato critiche e scetticismo in Italia. Ma la scelta sta ben ripagando in termini di ricadute positive sia sul business globale sia sulle attività e l’indotto aziendale in Veneto.

«Oggi tra i due Paesi abbiamo una filiera e un processo produttivo senza soluzione di continuità che ci rende unici in Europa nel nostro settore», sottolinea con orgoglio Roberto Brazzale, che recentemente è stato riconosciuto da Capital come uno dei “100 imprenditori più coraggiosi d’Italia”, assieme a diversi nomi di spicco dell’economia triveneta come Stefano Beraldo di Ovs, Alessandro Benetton di 21 Invest, Oscar Marchetto di Somec, Renzo Rosso di Diesel, Remo Ruffini di Moncler, Sandro Veronesi di Calzedonia.

«La Repubblica Ceca – osserva Brazzale – è un grande produttore di latte di ottima qualità, con un clima vocato. Basti pensare che la disponibilità di terreni agricoli è dieci volte quella italiana e i foraggi sono ottimi senza bisogno di irrigazione artificiale. Se si vuole crescere servendo un mercato internazionale che chiede cibo italiano, occorre andare dove ci sono risorse adeguate in termini di quantità e qualità. Ma in Italia le risorse sono limitate. Il successo del nostro investimento in Moravia – continua l’imprenditore – è un esempio di come in un sistema di catene del valore globali, occorre pensare in termini globali senza mettere limiti di confini. Altrimenti non si cresce, e si hanno prodotti meno buoni e meno competitivi».

La storia recente del Gruppo Brazzale mostra appunto che lo sviluppo estero comporta sviluppo anche a casa.

«Nell’Alto Vicentino, dove oggi il personale è il triplo di vent’anni fa, abbiamo investito 60 milioni di euro negli ultimi dieci anni. Tra cui il magazzino robotizzato di Cogollo del Cengio, energeticamente autosufficiente con l’impianto fotovoltaico, che ci sta dando grandi soddisfazioni. E il livello professionale medio dei nostri collaboratori è molto aumentato. Oltre a tecnici e operai, per la cui formazione puntiamo tanto sulla collaborazione con l’Itet Aulio Ceccato di Thiene, ci servono sempre più figure in grado di seguire processi complessi in Italia e all’estero per produzione, logistica, commerciale». Profili che però richiedono competenze e atteggiamento non sempre facili da trovare: «Specie nei reparti la disponibilità è di molto inferiore alle necessità», chiosa Brazzale

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