Caffè, clima e speculazione spingono i prezzi. «Colpite tutte le qualità»
L’Arabica ha raggiunto i 430 centesimi di dollaro per libbra, record storico degli ultimi 70 anni. Scocchia: «Tempesta perfetta». Polojac: «I rialzi arrivano anche alla tazzina»

Una tempesta in una tazzina. Ma, a differenza di quella del più classico bicchier d’acqua, non sembra pronta a risolversi in breve tempo. Non si arresta la corsa del prezzo del caffè, che già l’anno scorso aveva fatto registrare un’accelerazione: secondo uno studio della Fao, nel 2024 i prezzi mondiali del chicco nero sono aumentati di quasi il 40% rispetto all’anno precedente.
Lo scorso dicembre il prezzo dell’Arabica era cresciuto del 58%, mentre la Robusta ha visto un’impennata del 70%. Colpa, secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite, delle condizioni meteorologiche avverse che hanno colpito i principali Paesi produttori, facendo segnare un calo delle raccolte (Vietnam -20%, Indonesia -16,5%, Brasile -1,6%).
«Adesso in Brasile piove leggermente meno, ma nulla che possa far pensare a un vero e proprio calo della produzione: si stima che il raccolto sarà in linea con le aspettative. Ora che i fenomeni fisici, climatici e logistici non sono più così rilevanti, quello che rimane è un fenomeno speculativo», è l’analisi di Cristina Scocchia, Ad di Illycaffè, che ha parlato nei giorni scorsi di «tempesta perfetta» sul mondo del caffè.
Tazzina su del 20%
Oggi un caffè al bar costa in media 1,20 euro. Secondo le stime di Illycaffè, nei prossimi mesi la tazzina aumenterà ancora del 15-20%, arrivando a 1,40 euro. «Purtroppo il fatto che il caffè sia considerato una soft commodity significa che dovremo ancora attendere la discesa dei prezzi. E non avverrà a breve», prevede Scocchia.
Dopo sei anni di stabilità, attorno ai 100-130 centesimi per libbra, nel giro degli ultimi due anni il prezzo dell’Arabica è raddoppiato. Fino all’impennata della fine del 2024, quando ha superato i 400 centesimi di dollaro per libbra sull’Ice di New York. L’ultimo picco si è registrato poche settimane fa, quando il chicco ha toccato quota 430 centesimi, record storico degli ultimi 70 anni. Anche il prezzo della Robusta ha continuato a salire, sfiorando i 6 mila dollari per tonnellata sulla Borsa di Londra.
«Le ragioni sono molteplici», spiega Scocchia. «Sicuramente il cambiamento climatico ha creato una contrazione dell’offerta sia a livello qualitativo che a livello quantitativo, perché si sono susseguite siccità e piogge torrenziali e ciò ha ridotto i raccolti». Nel frattempo, la domanda è cresciuta, spinta dall’Asia, aumentando lo squilibrio tra domanda e offerta.
«A questo si aggiungono le problematiche logistiche legate al Canale di Suez: ora la situazione è migliorata, ma per mesi è stato impossibile attraversarlo e occorrevano 20 giorni in più per la circumnavigazione dell’Africa. In ultimo, sono arrivate le speculazioni finanziarie che oggi la fanno da padrone».
La crescita dei consumi
Oltre ai prezzi, è cresciuto anche il consumo. Secondo i dati dell’International Coffee Organization (Ico), nel 2023 la produzione globale di caffè è diminuita del 3,1%, assestandosi a 168,5 milioni di sacchi (da 60 kg ciascuno), mentre il consumo è cresciuto del 4,2%, raggiungendo i 170 milioni di sacchi. Si sono convertiti al chicco nero anche tradizionali consumatori di tè, dalla Cina al Medio Oriente. Persino Londra, dopo l’esplosione delle caffetterie specialty portate dagli olandesi nell’East London, è diventata la capitale del caffè.
«I consumi crescono a una velocità maggiore delle produzioni: il ciclo produttivo comincia quando la pianta ha tre o quattro anni, perciò bisogna muoversi in anticipo», spiega Alberto Polojac, coordinatore nazionale della Specialty coffee association Italy e responsabile qualità di Imperator. Appena rientrato dal Rwanda, dove tiene regolarmente corsi di formazione ai coltivatori locali, Polojac resta fiducioso sul futuro delle terre coltivate a caffè.
«Il cambiamento climatico è una realtà, ma i Paesi di produzione stanno facendo grossi passi avanti: sono nate nuove varietà ibride tra Arabica e Robusta, si sono ampliate le zone produttive e stanno migliorando le tecniche di coltivazione». Oggi un coltivatore medio africano ha una resa produttiva pari a una tonnellata per ettaro, cinque volte meno di un collega brasiliano, ma ha anche un maggior potenziale di crescita grazie all’adozione di buone pratiche agricole.
Il segmento specialty
Un fattore questo che incide anche sulle preferenze dei consumatori, sempre più orientati verso caffè di qualità e sostenibili. Nel 2023 il segmento dello specialty coffee ha registrato una crescita del 9% a livello globale. In Italia rappresenta appena il 5% del mercato, ma ora l’aumento indiscriminato dei prezzi del chicco potrebbe favorirne la progressione. «Gli aumenti stanno toccando tutte le fasce qualitative, ma impattano sulla percezione del prodotto. Se la differenza tra un prodotto di eccellenza e uno commerciale non è più abissale, il consumatore vira sull’eccellenza», spiega Polojac.
Non è passato tanto tempo da quando ogni contenitore sulla parete che raccoglie le varietà di caffè verde, al primo piano della sede di Imperator a Trieste, era pieno. Fino a qualche anno fa ci si poteva permettere di fare scorte, ora troppi stock significano costi elevati, che le aziende fanno fatica a scaricare sul prezzo finale. «Mentre ci si adegua agli aumenti della benzina, se al bar il caffè aumenta di 10 centesimi si grida allo scandalo. Eppure – ricorda Polojac – le quotazioni in Borsa arrivano anche alla tazzina».
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