Callisto Fedon: «Crisi dell'occhialeria, qualche spiraglio dagli Stati Uniti»
ALPAGO. Il 2020 sarà l’annus horribilis dell’occhialeria? «Speriamo di no. Mi par di capire, stando alle previsioni, che non finiremo nel tunnel nero come nel 2008».
Chi parla è Callisto Fedon, colui che in Alpago dà anima all’astuccio per occhiali, al packaging di lusso e personalizzato, guadagnandosi le firme più conosciute della moda, gli ottici indipendenti e le grandi catene. L’uomo insomma, che attira fiducia. La Giorgio Fedon, fondata nel 1919 a Vallesella di Cadore, ha la leadership di un gruppo internazionale con stabilimenti in Italia, Romania e Cina e filiali in Usa, Francia, Germania e Hong Kong, ed è quotata alla Borsa Italiana (segmento Aim).
Lei non fa il pessimista di mestiere?
«Tanto meno l’ottimista di mestiere. Cerco di essere prudente nelle valutazioni e soprattutto nelle previsioni».
Ma i mercati non si muovono.
«È già importante che non arretrino. Qualche spiraglio, in verità, arriva dagli Stati Uniti. Trump ha dato il là. Il segnale di tante Borse, negli ultimi giorni, non è del tutto sconfortante».
È decisivo, per l’occhialeria, ciò che accade in Usa?
«Certo che sì. È la nostra area più importante. Traina tutte le altre».
La Germania? «Non ci sta deludendo, bisogna ammetterlo. Ecco, a riguardo delle previsioni io direi questo: aspettiamo ancora un mese. Giugno coltiva ancora troppa incertezza. Solo luglio, anzi la seconda parte del prossimo mese ci indicherà come potrebbe andare a finire. Certo, al momento, la gran parte dei mercati è ferma. Ma in tutti i settori. Bisognerà anche considerare dove i consumatori investiranno le poche risorse che hanno disposizione».
Il vostro Gruppo è presente in Cina. Teme il peggio dal ritorno della pandemia?
«Siamo in Cina perché costretti da determinate circostanze, non è stata certamente una libera scelta del sottoscritto. Più che la pandemia (i cinesi sanno adesso come affrontarla), la preoccupazione riguarda tutte le fibrillazioni geopolitiche in corso. Le imprese ed i mercati hanno bisogno di stabilità».
Non è giunto il momento di far rientrare dalla Cina delle lavorazioni?
«Si può ipotizzare il rientro delle produzione a più alto valore aggiunto. Astucci e borse, è ancora più conveniente confezionarle in Cina. Io mi auguro, però, che tornino le condizioni per riportare tutto in Italia, sulle Dolomiti. E il mio auspicio non è di maniera. Infatti ho voluto trattenere in provincia alcune lavorazioni, anche se debbo ammettere che non era del tutto conveniente farle qui. Noi lavoriamo anche in Romania».
La sua azienda è stata finanziata da Garanzia Italia, la nuova misura straordinaria a supporto delle imprese per garantire liquidità e continuità alle attività. Avete ottenuto da Intesa Sanpaolo un finanziamento di 3, 5 milioni di euro. Vi servirà a sostegno del costo del personale, a finanziare gli investimenti e a potenziare la liquidità.
«Come ho già avuto modo di dichiarare, grazie a questa importante iniziativa, l’azienda è pronta ad affrontare le difficili sfide dei prossimi mesi, con rinnovato spirito di fiducia e nuovo slancio. La nostra attenzione è sempre rivolta al territorio in cui operiamo da più di cento anni, e alle persone che hanno contribuito a rendere Fedon il principale player internazionale del settore». -<TB>
Quindi non vi siete messi le lenti nere o grigie per osservare il futuro.
«Immagino che nessuno se le metta. Mi limito ad osservare che rispetto alle previsioni catastrofiche di qualche settimana fa, qualcosa si sta muovendo. Attenzione, le borse danno segnali importanti. In questo momento ci dicono che possiamo ritenerci ancora in gioco. Guai mollare».
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