Caos regole sulle aperture domenicali dei centri commerciali, ecco cosa è accaduto in Veneto e perché

Il caso Ikea, l'Outlet di Noventa di Piave, i megastore monomarca: codici Ateco usati come grimaldello per tenere aperto nei giorni festivi alcune grandi aree di vendita sfruttando "buchi" nelle regole del Dpcm. L'ira di Confcommercio e sindacati. al replica di Ikea: "Da noi domenica nessuna folla, quasi la metà della capeinza massima prevista dal distanziamento"

VENEZIA. Tutto, secondo i più furbi, sta nel “codice Ateco”. Un acronimo con cui facciamo i conti da mesi e significa “codice di ATtività ECOnomica”, ateco, appunto. Una serie di lettere e numeri che indica la tipologia commerciale in base ai parametri approvati dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) nel 2007. Ora i codici Ateco stanno portando alla più grande divisione tra categorie commerciali con una “guerra” strisciante tra centri commerciali e parchi commerciali. L’esempio ce l’abbiamo tutti sotto gli occhi.

Nel primo weekend di chiusura programmata anti contagio i centri commerciali, come Auchan, Nave de Vero, Giotto e tutti quelli che conosciamo, sono chiusi a doppia mandata per il pericolo di diffusione Covid. Eppure altri centri di commercio ("parchi commerciali") come il Noventa Outlet, e i monomarca come Ikea Sportler o Mediaworld, sono stati fatti aprire dai responsabili vendita, sicuri di non andare contro l’ultimo Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre che per tutte le aree delle zone gialle, com’è attualmente il Veneto, stabiliva la chiusura degli “esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati”. 

In particolare all’articolo 1, punto ff, si legge “Nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole”. Ma nelle mail con cui i responsabili dei monomarca hanno richiamato al lavoro migliaia di dipendenti viene specificato che “noi non siamo centro commerciale, abbiamo il codice Ateco differente”.

Entrambi hanno una particella, la 47.19 del codie, uguale, che è quella delle grandi superfici di vendita, con spazi supoeriori ai 400 metri quadri. La differenza sta negli spazi. Un outlet, cioè un “parco commerciale” è differente da un centro commerciale perché presenta esercizi che aprono all’aperto e non al chiuso. Un monomarca, come un Ikea o un Mediaworld, si differenziano da un centro commerciale perché sono monomarca, sono singoli negozi, anche se con “ampia superfice” di vendita. Da questa interpretazione la differenza. Ma una differenza esclusivmente burocratica.

La folla che si è riversata all’Ikea domenica ha fatto una differenza dal punto di vista commerciale, ma dal punto di vista del contenimento della pandemia, è stata un suicidio, andando all’opposto di quanto raccomandato dagli esperti in questo momento e rischiando di creare un altro focolaio in un momento in cui il Veneto sta lottando con tutte le sue forze per non finire dalla zona “gialla” a quella “arancione” o peggio “rossa”. Una decisione che ha scatenato le reazioni dei rappresentanti dei lavoratori, ma anche degli altri rappresentanti del commercio e degli affari. "Il covid non vede la differenza", hanno spiegato le commesse spaventate più dei clienti. I sindacati hanno criticato duramente la decisione.

«Si chiama outlet, ma è un centro commerciale a tutti gli effetti. Non c’è l’ipermercato, ma c’è un’ampia varietà commerciale con decine di marchi», commenta Luigino Boscaro (Uiltucs Uil), «è vero che si cammina all’aperto, ma i negozi sono l’uno vicino all’altro. Ancora una volta si è rivelata l’incompetenza di chi fa le norme in quest’ultimo periodo. Non si può scrivere un decreto in cui si stabilisce che i centri commerciali siano chiusi e i parchi commerciali invece siano aperti, quando hanno delle superfici di vendita che talvolta sono anche superiori di quelle di un centro commerciale». Lo stesso i rappresentanti del commercio: Confcommercio Metropolitana si attende dal governo una correzione di quello che considera un errore nella norma.

«Mi sembra che come opinione pubblica c’è già chi ha posto il problema. I parchi commerciali» spiega il presidente Massimo Zanon, «sono strutture di grandi dimensioni, che normalmente hanno un grande afflusso di pubblico. Probabilmente è un refuso della norma, che penso verrà messo a fuoco nei prossimi giorni. È chiaro che, se la logica è di chiudere dove si verificano assembramenti di persone, queste realtà si prestano a esserlo molto più pericolose di altre».

Da parte sua Ikea guarda ai numeri, sostenendo che l’affluenza domenicale è stata ben al di sotto della capienza fissata con le regole di distanziamento. “Desideriamo precisare che la capienza massima fissata nel negozio di Padova per garantire il distanziamento è di 1930 persone circa e che nelle giornate di sabato e domenica il negozio ha accolto in contemporanea meno di 1000 persone. Non è stata registrata alcuna folla all’interno del nostro store”. “Per IKEA – continua la nota - la salute dei co-worker e dei clienti è una priorità e per questo fin dal primo momento ci siamo adeguati alle indicazioni delle autorità. In tutti i nostri store applichiamo misure di sicurezza e sanificazione che ci permettono di mantenere alti standard e di garantire un luogo il più possibile sicuro per clienti e co-worker, nel pieno rispetto delle indicazioni delle autorità locali e nazionali”.

Riproduzione riservata © il Nord Est