Carraro: «Dobbiamo attrarre più investimenti, ma la legge è ferma in Regione»

Il bilancio del presidente di Confindustria Veneto: dalla preoccupazione per la crisi dell’automotive, che sta mettendo in difficoltà le imprese venete dell’indotto, alla delusione per le difficoltà del governo sulla Manovra

Giorgio Barbieri
Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto
Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto

Dalla preoccupazione per la crisi dell’automotive, che sta mettendo in difficoltà le imprese venete dell’indotto, alla delusione per le difficoltà che sta avendo il governo a partorire la legge di Bilancio.

L’analisi di fine anno di Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, si trasforma inevitabilmente, vista anche la vicinanza dei tempi, in una sorta di bilancio di fine mandato. Un mandato iniziato pochi mesi prima lo scoppio della pandemia e che l’ha visto attraversare le crisi geopolitiche, le guerre in Ucraina e Medio Oriente, e le loro conseguenze economiche, dall’aumento dei costi dell’energia all’esplosione dell’inflazione. «Ma ho un solo rimpianto».

Quale?

«Fin dal giorno zero del mio mandato avevo un obiettivo che non sono ancora riuscito a raggiungere: una legge regionale sull’attrazione degli investimenti che dia stabilità e respiro allo sviluppo economico del nostro territorio. Ebbene questa legge esiste ma attualmente è ferma in Consiglio regionale».

Perché?

«La politica ha sempre privilegiato l’idea del piccolo è bello, ma le dimensioni contano e in una chiave di politica industriale senza poter fare conto su capi filiera si rimane al traino di altri territori e altri interessi».

Qual è lo stato di salute delle imprese venete?

«C’è preoccupazione per il primo semestre del 2025. L’ultimo report di Veneto Lavoro registra un arretramento delle assunzioni rispetto ad ottobre 2023: i dati parlano di una flessione del 6,6% nell’industria meccanica e del 10% nel settore del Made in Italy. L’export flette a livello nazionale di un 1% e il Veneto non fa meglio».

Dal governo stanno arrivando segnali di attenzione?

«Spero che la manovra economica non venga approvata l’ultimo giorno utile. La scelta di porre come limite minimo per l’accesso alla premialità sull’Ires a chi reinveste in azienda almeno l’80% dei propri utili, la questione dell’accesso solo alle imprese che non hanno fatto Cig in tutto il 2024 e una buona dose di burocrazia rischiano poi di ridurre l’efficacia di un provvedimento che sarebbe invece utile per stimolare lo sviluppo degli investimenti».

Su cosa devono puntare le imprese venete?

«Due settori a alto potenziale di crescita, anche nella nostra regione, sono l’aerospazio e le scienze della vita, intese come sanità, medicale e biomedicale. Due macro ambiti molto significativi che le nostre imprese devono agganciare. Questo territorio ha tutti gli strumenti per diventare uno dei protagonisti in Italia e in Europa».

Un’altra spinta arriverà dall’Olimpiade del 2026. L’Ad della Fondazione Milano-Cortina ha però lamentato un po’ di freddezza da parte delle imprese venete. Condivide?

«Si tratta di un evento globale ed è bene che partecipino player globali come Coca Cola. Per il profilo delle aziende del nostro territorio invece l’Olimpiade non è un prodotto adatto come investimento».

Per il 2025 quali sono gli elementi che la fanno essere ottimista?

«La più forte capitalizzazione delle nostre imprese, la politica di taglio dei tassi di interesse, pure prudente, da parte della Bce e la solidità del sistema bancario».

A proposito di banche, per le imprese sarebbe più utile una grande banca europea o un terzo polo bancario nazionale come vorrebbe il governo?

«Una grande banca europea di sistema darebbe alle nostre aziende un aiuto certamente importante soprattutto in ottica di internazionalizzazione. Perché il tema non è più la globalizzazione dell’impresa - abbiamo visto che non ha più senso competere sul costo del lavoro - ma la sua internazionalizzazione, anche in chiave di possibili nuove future politiche di dazi».

 

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