Coin, tavolo di crisi al Mimit: «Nessun licenziamento». Chiuderanno 7 punti vendita
Il gruppo ha indicato i pilastri del piano di risanamento: 7 negozi chiuderanno. Alla porta tre possibili investitori per sostenere il percorso sul piano finanziario

La crisi di Coin è arrivata al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Ieri si è svolto un incontro per delineare il futuro dell’azienda e dei suoi 1.331 dipendenti. La società, in difficoltà economica ormai da mesi e con una perdita nel 2024 che dovrebbe essere molto elevata, ha confermato l’impegno a non avviare procedure di licenziamento collettivo, nonostante la complessità della situazione finanziaria. Un messaggio che ha rappresentato il punto centrale del confronto, segnando un passo importante verso la costruzione di un percorso condiviso con le organizzazioni sindacali e le istituzioni.
Cassa integrazione straordinaria e riorganizzazione
Coin utilizzerà la cassa integrazione straordinaria come strumento per gestire questa fase critica e aprire un dialogo con le parti sociali. Il management si è impegnato a mantenere un confronto costante con i sindacati, rappresentati al tavolo da Cgil, Cisl e Uil, garantendo trasparenza nelle decisioni strategiche e operando per la ricollocazione dei lavoratori eventualmente coinvolti dalla riorganizzazione della rete di negozi. Tuttavia, sette punti vendita critici potrebbero essere destinati alla chiusura, una decisione inevitabile per ridurre i costi operativi. Si tratta di negozi strutturalmente in perdita e senza prospettive di recuperare marginalità. In Veneto dovrebbero chiudere Vicenza e San Donà di Piave. Per i dipendenti di questi negozi, l’azienda ha ribadito l’intenzione di trovare soluzioni di ricollocamento in altre sedi.
Schema di risanamento
Durante l’incontro, il gruppo ha illustrato le linee guida dello schema di risanamento. Secondo fonti vicine all’azienda l’obiettivo è di riportare alla redditività nel 2026. Il piano, che dovrebbe essere illustrato ai sindacati il 23 dicembre, punta a rilanciare l’azienda attraverso tre pilastri: una razionalizzazione della rete dei punti vendita, con una migliore gestione degli spazi e una revisione del mix merceologico; il miglioramento del servizio alla clientela, rafforzando il personale negli store; e una robusta ripatrimonializzazione (stimata nei mesi scorsi in circa 30 milioni di euro), necessaria per garantire stabilità finanziaria e sostenibilità operativa a lungo termine. La somma sarà reperita attraverso strategie di finanziamento mirate e il possibile ingresso di nuovi investitori.
Trattative con nuovi investitori
Proprio sul fronte degli investimenti, Coin ha confermato che sono in corso trattative con potenziali partner. Secondo indiscrezioni, Europa Investimenti avrebbe già acquisito i crediti detenuti da Intesa Sanpaolo e Illimity, un’operazione che potrebbe preludere a un impegno industriale più consistente. Questo intervento finanziario, se confermato, rappresenterebbe un tassello fondamentale per l’attuazione del piano di risanamento e il ritorno a una gestione sostenibile dell’azienda.
Secondo le organizzazioni sindacali l'azienda avrebbe annunciato la chiusura, per il 2025, di un numero tra i 7 e gli 8 punti vendita in Italia (2 tra San Donà di Piave e Vicenza, nella regione, il Veneto, dove Coin ha sede) dove sono impiegati circa 92 dipendenti su di un totale di circa 1.400.
"Per parte nostra - spiega Cecilia de Pantz, segretaria della Filcams Cgil del Veneto - abbiamo chiesto il mantenimento degli attuali livelli occupazionali ed eventualmente l'utilizzo degli ammortizzatori sociali per accompagnare la fase di rilancio di Coin. Di fatto molti punti vendita soffrono di una significativa carenza di organici e il ricollocamento dei dipendenti coinvolti nelle chiusure e già formati ci pare la soluzione migliore".
Fonti vicino alla società hanno confermato l’intenzione di ricollocare all’interno le risorse interessate dalla chiusura dei negozi
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