Il commento / La necessità di superare il capitalismo di fornitura
Esempi come Brembo, FriulIntagli e la trentina E-Pharma mostrano la via per aumentare la capacità negoziale con i big

Si parla molto in questi giorni dell'impatto congiunto che il rallentamento dell'economia tedesca e i possibili dazi della futura amministrazione Trump potranno avere sulla competitività del tessuto industriale a Nord Est. Sono preoccupazioni sensate e che ci rimandano ad una dinamica congiunturale particolarmente avversa e che nasce nei mercati internazionali.
Nel complesso scacchiere globale, l'Italia ed il Nord Est si trovano a fare i conti con le difficoltà del settore automotive europeo in Cina (Bmw, Audi e Mercedes) e negli Stati Uniti (Stellantis) e con il conseguente rallentamento della filiera della componentistica che proprio nel Triveneto presenta una concentrazione elevata di imprese. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di fornitori specializzati che producono componentistica plastica, meccanica ed elettronica per i grandi brand mondiali. È questo un primo elemento su cui vale la pena soffermarsi.
Fortemente integrati nei mercati internazionali (le imprese venete nel 2023 hanno generato più di 80 miliardi di ricavi attraverso esportazioni, circa il 13% del totale del Paese), i nostri fornitori seguono un modello di internazionalizzazione trainato da grandi brand globali.
Sono imprese che, tanto nell’automotive quanto nella farmaceutica o nell'arredo mass market, architettano e coordinano le catene globali del valore al cui interno competono le nostre imprese. È evidente che se le imprese capofila rallentano, si fermano anche i fornitori e i subfornitori che stanno a monte.
Nelle attuali difficoltà del comparto manifatturiero nordestino si intrecciano dunque due dinamiche: una congiunturale e una strutturale. La prima, come anticipato, si riferisce principalmente alle difficoltà dell’economia tedesca; la seconda, invece, ha a che fare con il modello di capitalismo che si è formato a Nord Est negli ultimi quarant’anni.
Riprendendo le parole del Presidente di Confindustria Veneto Enrico Carraro, il nostro è a tutti gli effetti un capitalismo di fornitura. Un modello di capitalismo, aggiungo, che oggi dimostra tutta la sua fragilità e la sua vulnerabilità. Senza controllare la testa della filiera, infatti, la competitività dei fornitori nordestini continuerà a dipendere dall'andamento di catene del valore globali che poche delle nostre imprese governano.
È questo un problema di natura strutturale ancor prima che congiunturale e che viene esacerbato da una congiuntura economica negativa che mette in risalto una serie di limiti che conosciamo da tempo. Non si tratta di demonizzare il ruolo di migliaia di fornitori, che per anni hanno costituito la spina dorsale della migliore industria italiana, quanto semmai di fare i conti con un modello che rischia di diventare l'anello debole di filiere globali particolarmente complesse.
Per struttura dimensionale e posizionamento strategico, i fornitori rappresentano infatti una tipologia d'impresa verso cui le grandi imprese capofila scaricano inefficienze e pressioni competitive, spesso aggiustando al ribasso marginalità che vanno stringendosi tanto più ci si allontana dal mercato finale.
Sono dinamiche che conosciamo bene e qualsiasi piccola o media impresa fornitrice vi potrà confermare, fatta eccezione per casi come ad esempio Brembo nella componentistica per l'auto e la trentina E-Pharma nel farmaceutico.
Sono esempi di successo non particolarmente comuni, ma che comunque ci offrono una serie di indicazioni attraverso cui poter supportare l'upgrading della pletora dei fornitori. Operare come fornitori non significa essere necessariamente condannati a margini risicati e a condizioni di svantaggio nelle catene globali del valore.
Al fine di evitare questo destino, alcune condizioni sono però necessarie. In primo luogo, la dimensione d'impresa conta. Quanto maggiore sarà, tanto maggiore sarà la sua capacità negoziale all'interno delle filiere. In aggiunta, in presenza di ampi volumi produttivi, e quindi di economie di scala, anche margini di contribuzione unitari risicati possono aiutare a sostenere il modello di business.
La pordenonese FriulIntagli rappresenta in questo caso un esempio particolarmente virtuoso nella filiera dell'arredamento mass market. In secondo luogo, l'innovazione. Marginalità superiori alla media e potere negoziale sono spesso il risultato del posizionamento strategico del singolo fornitore nelle catene globali del valore. È proprio la capacità dei fornitori di generare innovazioni e soluzioni complesse a rendere centrale il loro ruolo nelle architetture produttive globali.
Il futuro del capitalismo industriale del Nord Est passerà molto dalla capacità di perseguire con successo strategie di sviluppo qualitativo e quantitativo. La sfida è certamente complessa ma, in assenza di un ampio gruppo di grandi imprese capofila, è anche l'unica strategia percorribile dall'industria regionale.
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