Conceria Presot al giro di boa dei 90 anni all’insegna della sostenibilità
E’ una delle imprese a conduzione familiare più antiche del panorama italiano e produce cuoio pregiato per alcune delle più famose maison della moda dopo aver equipaggiato la spedizione che, nel ‘54, conquistò il K2. Per il “compleanno” ha commissionato a Matteo Attruia un’opera galleggiante

PORDENONE. Rispetto del proprio passato in particolare di chi, quasi un secolo fa ha avviato il cammino imprenditoriale e sguardo verso il futuro.
Compie novant’anni la storica Conceria Pietro Presot di Pordenone considerata tra le imprese a conduzione familiare più antiche del panorama italiano ed europeo.
L’azienda - guidata oggi da Achille Presot con Eugenia e Federico Presot - produce un cuoio completamente naturale, conciato senza l’utilizzo di sostanze chimiche e esclusivamente tramite una miscela di tannini vegetali. In particolare, l’azienda raggiunge la totale sostenibilità ambientale del ciclo produttivo con un sistema circolare di sostenibilità al 100% e si può fregiare di una produzione a rifiuto zero.

In questa occasione, la conceria ha voluto festeggiare l’importante ricorrenza commissionando a Matteo Attruia, un’opera galleggiante che è stata inserita nel laghetto di proprietà dell’azienda intitolata “Ha futura memoria” con un voluto gioco dei tempi verbali.
Un’installazione riflettente lunga 16.80 metri per 3 metri in altezza dove l’artista di origine pordenonese ha giocato con le parole, come è proprio della sua cifra stilistica.

Passato presente e futuro sono, così, sintetizzati in una frase che scardina un noto modo di dire per dispiegare il senso di un anniversario che guarda indietro, si nutre di presente e già precorre il futuro.
Le lettere dell’opera di Attruia sono realizzate in materiale riflettente per integrare l’opera al contesto naturalistico nel quale si colloca. L’installazione diventa così elemento imprescindibile dell’ambiente di cui documenta il succedersi delle stagioni, l’imprevedibilità delle condizioni metereologiche, fungendo anche da posatoio per gli uccelli di cui il laghetto è abituale area di sosta.

«La conceria produce ancora oggi un cuoio seguendo gli stessi processi lavorativi dei suoi esordi – spiega Eugenia Presot – e inseguire l’eccellenza è sempre stato l'obiettivo della nostra azienda». Nel 1954 la conceria ha sostenuto la spedizione italiana impegnata nella scalata al K2 fornendo il cuoio per gli scarponi degli 11 alpinisti che componevano la spedizione e degli oltre 800 portatori sherpa coinvolti al seguito.
Dalla vetta del K2 degli anni Cinquanta, al cuoio da suola che oggi l’azienda fornisce ad alcune delle principali maison dell’alta moda: la lunga storia della conceria friulana può essere racchiusa in quest’arco di evoluzione della sua avventura tutta artigianale.
Dall’energia alimentata dalla centrale idroelettrica da sempre parte integrante dell'azienda che rende la conceria per gran parte autonoma nel processo di concia delle pelli. Il 50% di quest’acqua viene poi recuperata e destinata ad attività secondarie, come la pulizia dei locali.

Nella Conceria Pietro Presot si lavorano pelli grezze derivate dall'industria alimentare: si tratta di pelli bovine provenienti da allevamenti di titolata sostenibilità nel trattamento degli animali (perlopiù dal Sud Germania e dalla Norvegia). Il processo di concia avviene in vasca ed impiega solo tannini vegetali e che l’azienda può vantare oggi come primato assoluto, è un cuoio totalmente “no waste”, in cui ogni prodotto scartato dal ciclo di lavorazione principale viene riutilizzato in ulteriori lavorazioni di recupero. Inoltre, alla sostenibilità ambientale della conceria si unisce, il valore della “sostenibilità sociale”. Tra le diverse iniziative di recente è stato premiato il progetto legato all’”orto aziendale” creato nel comprensorio che ospita l’azienda, tra spazi di grande pregio paesaggistico e naturalistico, gestito dai dipendenti durante le pause e nel tempo libero. I lavoratori dello stabilimento di Porcia sono in grande parte cittadini stranieri giunti in Italia da situazioni di grande instabilità, da zone di guerra e dopo aver vissuto numerose traversie.
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