Concia, il progetto Lifegoast elimina il cromo e punta alla sostenibilità ambientale ed economica

Al progetto, durato quattro anni e cofinanziato per 2,4 milioni di euro dalla Commissione Europea (di cui il 60% a fondo perduto), hanno partecipato quattro partner: tre operatori del distretto vicentino e l’Università Ca’ Foscari di Venezia

Federico Piazza

Produrre pelle di alta qualità senza cromo e altri metalli a costi sostenibili sul mercato è possibile. E l’obiettivo è iniziare a farlo su scala industriale nei prossimi anni a partire dal distretto conciario di Arzignano, grazie a una innovativa tecnologia che consente il recupero pressoché totale degli scarti di rasatura, trattati attraverso il processo termochimico di pirolisi, e la loro valorizzazione in altri ambiti    industriali come agricoltura, edilizia, energia e oreficeria.

Si tratta del progetto Lifegoast, presentato in Villa Cordellina a Montecchio Maggiore il 3 dicembre, realizzato nell’ambito del programma europeo Life che sostiene e promuove la ricerca e l’innovazione sui temi ambientali e di sostenibilità.

Goast è l’acronimo di Green Organic Agents for Sustainable Tanneries, cioè agenti organici green per una concia delle pelli sostenibile. Al progetto, durato quattro anni e cofinanziato per 2,4 milioni di euro dalla Commissione Europea (di cui il 60% a fondo perduto), hanno partecipato quattro partner: tre operatori del distretto vicentino, e l’Università Ca’ Foscari di Venezia.

I tre player della filiera coinvolti sono: capoprogetto Gsc Group, azienda specializzata in ausiliari chimici per la concia che ha messo  a punto i nuovi agenti a base di polimeri organici e un mix di tannini naturali e sintetici; Conceria Pasubio, tra i produttori mondiali di riferimento nell’ambito della pelle per il settore automotive, che li ha successivamente testati; Medio Chiampo, ente di gestione idrica integrata che ha verificato l’impatto che avrebbe questo sistema di concia qualora fosse utilizzato in maniera estesa. Di fatto con questi tre operatori è stato ricreato un modello di filiera di distretto, con test di implementazione industriale su un impianto pilota.

Risultati positivi: abbattimento del 95% di presenza di cromo nei fanghi di risulta (con il residuo del 5% probabilmente dovuto, secondo i tecnici, a un effetto contaminazione da trascinamento azzerabile con l’adozione di una linea di scarico di reflui dedicata solo alle lavorazioni Goast); a confronto con il processo tradizionale Tctp che impiega il cromo, riduzione del 18% dell’utilizzo d’acqua e impatto molto minore dell’intero processo produttivo sull’ambiente (Lca – Life Cycle Assessment); poiché il processo di decomposizione termochimica della pirolisi non comporta l’incenerimento, no emissione di gas Ghg ad effetto serra; ottenimento come risultanti di biogas, biooil e soprattutto di biochar, cioè carbone di origine animale ad alto contenuto di azoto che, come evidenziato dall’analisi del dipartimento di scienze molecolari e nanosistemi dell’Univesità Ca’ Foscari, è un materiale molto versatile che può essere usato come ammendante in agricoltura, per produrre cementi e asfalti grazie alle proprietà di resistenza, come fonte energetica nelle batterie al litio, come componente nell’industria del gioiello per le sue caratteristiche di lucentezza. Ottima poi, come dichiarato dal produttore di auto sportive Bentley Motors che fa ampio utilizzo di pelle negli interni delle sue vetture, la qualità del prodotto finale della concia con procedimento Goast.

Risultati negativi: costi economici del processo Goast più elevati rispetto al tradizionale Tctp, a causa del maggiore utilizzo di agenti organici. Ma, secondo i partner del progetto, il settore conciario deve guardare a come questi costi si bilanceranno nel medio-lungo termine, visto che così come funziona oggi il sistema, le prospettive sono comunque di un continuo aumento dei costi di smaltimento dei rifiuti e anche delle risorse, come quella essenziale dell’acqua. Occorre quindi che il comparto proponga novità sostenibili, perché il mercato sta cambiando: nei prossimi anni sarà sempre più ricettivo nei confronti di prodotti sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale, con brand e consumatori disposti non solo a pagare qualcosa di più, ma che anzi bocceranno le aziende e i settori non in linea con queste aspettative. Un rischio che corre il comparto concia, spesso oggetto di critiche per il suo impatto ambientale.

Quindi ora, per aiutare lo scale-up industriale dell’innovazione introdotta con la tecnologia Goast, la parola passa non solo alle singole aziende del settore ma anche agli attori istituzionali. In primis al distretto conciario vicentino, dove questo progetto è nato e dove magari si potrebbe pensare ad un’azione di sistema per dotare l’area di un impianto comune di recupero degli scarti di rasatura in cui implementare la tecnologia.

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