Crolla la domanda, Electrolux annuncia un piano di tagli

La multinazionale ufficializza al mercato un drastico calo degli utili nel terzo trimestre e l’avvio di un piano di riduzione dei costi in Italia e Usa. Coinvolte Porcia e Susegana

LOLA AKINMADE AKERSTROM
LOLA AKINMADE AKERSTROM

PORDENONE. Al via un programma di riduzione dei costi strutturali e di recupero di efficienza e produttività che negli Stati Uniti già assume i contorni di una vera e propria ristrutturazione; come verrà declinato in Europa - al momento - non è dato sapere. È l'annuncio dato da Electrolux al mercato che contiene già una prima risposta a quelli che saranno i conti - non positivi - della prossima trimestrale. In questi mesi la multinazionale ha patito le conseguenze di una domanda del mercato in forte contrazione «in Europa come negli Usa», con un ritmo ancora più accelerato di quello registrato nel secondo trimestre, a causa della elevata inflazione sugli acquisti di beni durevoli e dalla bassa fiducia dei consumatori.

Il primo effetto sono i magazzini dei rivenditori che rilevano alti livelli di inventario. Tutto questo insieme ai noti problemi della supply chain, che determinano inefficienze produttive e aumento dei costi, si riverberano sui conti del Gruppo che prevede un utile in calo nel terzo trimestre rispetto al secondo, a cui si sommano i costi legati all’uscita di Electrolux dal mercato russo.

Nella nota della multinazionale par di capire che il mercato nordamericano abbia una performance peggiore di quello europeo, la qual cosa non è che consoli, ma motiva la decisione del gruppo di nominare Ricardo Cons, oggi a capo della Business Unit dell’area dell'America Latina, a capo della divisione Nord America, con il compito di avviare una ristrutturazione in quell’area.

Nulla dice Electrolux rispetto all’Europa, e all’Italia, ultimo Paese ad alto costo in cui la multinazionale svedese ha una presenza significativa con 5 stabilimenti specializzati nelle diverse tipologie di prodotto, oltre al quartier generale a Porcia, e i centri di ricerca e sviluppo, che complessivamente impiegano oltre 5 mila addetti. I tagli arriveranno anche qui, e serviranno - nelle attese del Gruppo - a «dare un contributo positivo agli utili» nel 2023. Le azioni di dettaglio saranno contenute nella trimestrale, che sarà diffusa il 28 ottobre. A meno che qualche anticipazione non arrivi nell’incontro del coordinamento nazionale, ancora da convocare.

La nota di Electrolux ovviamente ha innalzato il livello di preoccupazione nel sindacato che già aveva interpretato non proprio positivamente il rinvio della riunione di coordinamento associato alla necessità del Gruppo di «riesaminare» costi e investimenti in Italia.

«Certamente - dichiara Gianluca Ficco, coordinatore nazionale Uilm per Electrolux - le informazioni date dal gruppo confermano il momento di difficoltà che sta investendo l’intero settore dell’elettrodomestico. In questo momento, in cui non abbiamo notizie più precise che riguardino le fabbriche italiane, posso solo confidare che Electrolux voglia confermare i piani di investimento in Europa e in Italia. Certamente faremo tutto quel che è nelle nostre possibilità per tutelare l’occupazione anche dinanzi a eventuali riorganizzazioni aziendali».

Un piano di tagli era «prevedibile». Ma è anche un annuncio che «fa tornare in mente quel che accadde nel 2014 - dichiara Maurizio Marcon, segretario regionale Fiom Fvg - e la grande preoccupazione per Porcia», la fabbrica di cui era stata decretata la chiusura, e salvata dalla mobilitazione dei lavoratori e delle istituzioni.

«Dobbiamo attendere che Electrolux renda note le sue intenzioni - prosegue Marcon -, e spero che le dichiarazioni di oggi siano più un tentativo di richiamare l’attenzione dell’Europa e dell’Italia sui costi, a partire da quelli dell’energia, che la manifestazione di una volontà di disimpegno».

Quel che è certa è la preoccupante flessione dei volumi che sta colpendo molto Porcia (passata da 1 milione di apparecchiature a budget per il 2022, a poco più di 750 mila pezzi), ma anche Forlì e Solaro e, in maniera più contenuta, Susegana.

«Inutile negare: la preoccupazione c’è - dichiara Gianni Piccinin, segretario regionale Fim Cisl - ed è legata ala contrazione dei volumi che è importante. Soprattutto a Porcia che arriva a quei 750 mila pezzi che erano la soglia di sopravvivenza definita nell’accordo del 2014. Poi c’è la questione costi, che impatta ovviamente su tutte le aziende, e le difficoltà generate dalla catena degli approvvigionamenti che si traducono anche queste in inefficienze che pesano sui conti. E su questo tema è da tempo che sollecito la necessità di una nuova strategia per le forniture che ricostituisca filiere locali. Attendiamo - conclude Piccinin - la riunione di coordinamento per avere dettagli sul piano di tagli che, mi auguro, non riguarderà gli investimenti sulle fabbriche italiane che sono assolutamente competitive».—

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