Dai nuovi Confidi alle pensioni il governo prova ad aiutare le Pmi

Il disegno di legge varato a fine anno, staffetta generazionale sulle pensioni

Franco Vergnano

Nuovo Confidi, reti d’impresa, staffetta generazionale sulle pensioni. Questi i punti chiave dello schema di Disegno di legge sulle Pmi varato in extremis, a fine 2024, su input del ministro delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), Adolfo Urso.

Il provvedimento era atteso dal sistema economico nordestino per parecchie ragioni.

A partire da quella che forse è, sul breve-medio termine, la riforma più significativa. Si tratta della revisione – da tempo invocata – dei Confidi, vale a dire di quegli organismi cooperativi o consortili che garantiscono le banche per agevolare le imprese nell’accesso ai nuovi prestiti.

Il tutto è volto a potenziare i sostegni al ricorso bancario delle Pmi, semplificando le procedure e aumentando la capacità fideiussoria. Tema, quest’ultimo, particolarmente sentito dai piccoli imprenditori, vista la cronica sottocapitalizzazione delle nostre aziende, specie quelle di minori dimensioni che, senza gli istituti di credito, difficilmente potrebbero sopravvivere e svilupparsi, puntando solo sull’autofinanziamento generato dal loro limitato cash-flow.

Nel tentativo di aumentare la massa critica degli operatori, il provvedimento prevede la sospensione di imposta a favore delle imprese che aderiscono a un contratto di rete. Si tratta di un passaggio significativo: rappresenta un mezzo destinato a favorire la collaborazione tra le aziende, promuovendo così intese produttive, senza penalizzazioni fiscali.

Nell’ottica di sviluppare sinergie, viene inoltre introdotta una nuova definizione di “centrali consortili” quali enti mutualistici di sistema.

L’obiettivo è quello di rafforzare il supporto alle imprese consorziate, agevolandone l’accesso a servizi condivisi e strumenti finanziari. Si pensi, ad esempio, al positivo impatto su tutta la filiera agroalimentare dove, specialmente a Nord Est, i consorzi di tutela giocano un ruolo chiave con le loro iniziative promozionali in Italia e all’estero.

A sorpresa c’è poi quella che potremmo chiamare una “mini-riforma” per i trattamenti pensionistici delle Pmi, un settore dove l’eterno (e non indolore) cantiere è sempre aperto, con l’occhio puntato però più sull’età del ritiro dal lavoro che sui contributi versati.

Il ministro Adolfo Urso
Il ministro Adolfo Urso

La proposta, innovativa, contenuta nel disegno di legge, potrebbe fungere da esperimento pilota, da estendere magari ad altri settori, qualora ottenesse buoni risultati.

In sostanza, si tratta di un pensionamento ad “atterraggio morbido”, associato all’occupazione giovanile, che introduce un tentativo di “staffetta generazionale”. Il nuovo provvedimento promuove infatti un meccanismo di quiescenza flessibile – da anni in discussione ma mai implementata – consentendo ai lavoratori prossimi all’uscita di ridurre l’orario di lavoro, a fronte della contestuale assunzione di giovani con età non superiore a 34 anni. Il tutto, complessivamente associato a minori adempimenti burocratici.

Toccherà adesso alle forze sociali e specialmente agli imprenditori e alle loro associazioni di categoria fare pressione e vigilare affinché il testo governativo venga licenziato dal Parlamento in tempi brevi.

Non senza che il provvedimento riceva le attenzioni che merita, vista la materia vitale per il nostro sistema produttivo, e con il monito che, una volta diventato legge, l’Esecutivo non rimandi alle calende greche i decreti attuativi.

Del resto, nel Belpaese – e in particolare a Nord Est – le Pmi fanno la parte del leone.

L’Italia ha una delle più alte percentuali di piccole imprese, superando la media Ue che è del 93%: le micro aziende del made in Italy sono oltre il 95%, mentre in Germania e Francia il dato è rispettivamente dell’83 e dell’89%.

Forse stavolta qualcosa si muove. Sperando però non ci si limiti a “buoni consigli e cattivo esempio”, per dirla con le parole di Fabrizio De André. —

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