Dalle cime nautiche ai cavi per le infrastrutture. La svolta di Armare

Riccardo De Toma - È l’azienda di una famiglia che produce cordami e funi da duecento anni. Prima a Venezia, terra di navi e di arsenali per eccellenza, da un secolo a questa parte anche in Friuli, a San Giorgio di Nogaro. «È qui che mio nonno – racconta Stefano Finco, fondatore e amministratore delegato di Armare – decise di stabilirsi nella prima metà del Novecento, alla ricerca di nuovi mercati, nel navale e nell’agricoltura». Ed è sempre qui che Stefano ha deciso di portare avanti quella tradizione, fondando Armare srl e un marchio, Armare Ropes, che in campo velico è sinonimo di qualità e affidabilità ai massimi livelli, con clienti del calibro del team New Zealand, dominatore della America’s Cup.
Quarantadue dipendenti e 7 milioni di fatturato, l’impresa vive una lunga fase di crescita, che dura da quindici anni. «Scelte avvedute e continui investimenti – spiega Finco – hanno portato Armare Ropes ad essere riconosciuto come brand di eccellenza in questo settore, pur in confronto con competitor internazionali più grandi e strutturati». Ora è giunto il momento per un ulteriore salto di qualità, puntando non soltanto sul core business del navale, ma scommettendo anche su altri mercati, su tutti quello delle grandi infrastrutture, che guardano con crescente interesse alla produzione di cavi e tiranti realizzati con materiali tessili. Funzionale a questa scommessa l’investimento su una nuova sede, sempre nella zona industriale dell’Aussa Corno. Da completare entro il 2024, lo stabilimento ospiterà una nuova linea per la produzione di tiranti tecnologicamente avanzati che potranno raggiungere le mille tonnellate di resistenza e sfiorare i 200 metri di lunghezza. «Cavi di questo tipo – spiega ancora Finco – vengono utilizzati per la costruzione di grandi ponti o per l’ancoraggio al fondale di impianti a pale eoliche off shore. Le proprietà? Prestazioni paragonabili o superiori all’acciaio in termini di resistenza e di modulo elastico, a fronte di un peso 7 od 8 volte inferiore».
La sede è stata progettata non solo per avviare nuovi impianti e nuove linee, costruiti su progetto e con tecnologie brevettate, ma anche come espressione di una filosofia votata alla sostenibilità, al recupero e al legame col territorio. Affidato alla progettazione dello Studio Geza Architetti di Udine, che negli ultimi anni ha firmato opere prestigiose come il quartier generale di Silk-Faw, in Emilia, o le sedi di Ilcam, Pratic e Faber, in Friuli, il nuovo stabilimento restituirà vita a uno dei primi insediamenti industriali di San Giorgio. Si tratta di un’area dismessa di 32mila metri quadri, con 2mila di corpo fabbrica, che sarà interamente bonificata e risanata.
Le soluzioni impiantistiche e architettoniche sono pensate per ottimizzare i consumi e i rendimenti energetici, attraverso impianti di autoproduzione e di recupero delle acque piovane, e per migliorare il comfort lavorativo dei propri dipendenti. Ispirata all’essenzialità delle antiche corderie navali, dove la composizione delle funi richiedeva spazi molto lunghi, la nuova casa di Armare ospiterà, oltre alle linee produttive e agli uffici, anche ampi spazi di servizio e showroom. Grande cura sarà dedicata agli esterni, dove troveranno spazio uno specchio d’acqua artificiale di fronte al corpo uffici, con pini marittimi e filari di alberi a creare zone d’ombra e barriere verdi. «I costi? Sicuramente alti, ma si tratterà di un intervento sostenibile, rispettoso dell’ambiente e della sua storia industriale», assicura Finco. Il riferimento ad altri progetti che riguardano l’Aussa Corno (la possibile nuova acciaieria di Metinvest) non è casuale.
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