Daniele Salvagno, il "Redoro" dell'olio d'oliva veneto
Due contadini della Valpantena e dieci alberi di ulivo. Regina e Isidoro vivevano del poco olio che riuscivano a produrre, di vino e della vendita, in stagione, delle ciliege. 125 anni fa era dura tirare avanti con i prodotti della terra, ma la coppia era tenace e solida e avviò così un’attività che oggi è diventata uno dei fiori all’occhiello della provincia di Verona, la vendita nel mondo di olio di qualità Redoro.
Il marchio è la crasi dei nomi dei due fondatori ed è stato inserito dalla Confindustria locale tra i brand che fanno onore al “made in Verona”.
Un’azienda ancora oggi familiare guidata da Daniele Salvagno, brillante cinquantenne, nipote dei fondatori, papà di tre figli e recentemente diventato anche Presidente di Coldiretti Veneto. “Sono il più piccolo di quattro fratelli – racconta – che lavorano con me in azienda: Lorenzo (prodotto), Valeria (amministrazione) e Paola (spaccio e visite guidate). Ma non dimentico mamma Isidora che ancora dà una mano e papà Mario che, anche se non c’è più, è la persona che ha creato questo marchio ed ha dato il primo sviluppo all’azienda, allacciando anche rapporti internazionali”.
Oggi Redoro significa, tradotto in numeri, 14 milioni di fatturato, 1000 produttori, 1500 ettari coltivati ad ulivo, 50mila quintali di olive e ben 500mila delle caratteristiche bottiglie da litro in giro per le tavole del mondo. Tra i mercati principali, oltre all’Italia (e in particolare Veneto, Lombardia ed Emilia), ci sono Stati Uniti, Giappone e Nord Europa. Un 50% della produzione va fuori dai confini nazionali ed un altro 50% rimane in Italia.
Gli USA sono il primo mercato grazie all’intraprendenza di Daniele, che tanti anni fa andò a New York… “battendo a tappeto tutti ristoranti –racconta oggi – e chiedendo perché usassero il burro e non l’olio e proponendo di provare il nostro prodotto sulla loro carne. Allora, era la metà degli anni ’90, i produttori di olio italiano presenti negli Stati Uniti erano pochi e spesso erano piccoli e improvvisati che vendevano olio di dubbia provenienza e qualità, usando però nomi evocativi italiani. Ricordo, ad esempio, di aver visto l’olio “La Famiglia”…».
“Cresciamo a “macchia d’olio” – dice Salvagno – ad un ritmo del 10% annuo tra consumatori che apprezzano un olio di qualità, delicato e 100% italiano”. In realtà la stragrande maggioranza delle olive arriva dalla provincia, dalle sette valli tra le colline veronesi e dal Lago di Garda (Bardolino, Malcesine, Punta San Vigilio…), ma non mancano conferitori prestigiosi come i frati della Giudecca a Venezia o Renzo Rosso della Diesel.
La sede è a Grezzana, a pochi chilometri dal centro di Verona, dove oltre al principale frantoio (gli altri a Mezzane e sul Lago di Garda) si trova anche un magazzino sotterraneo grande come un campo di calcio dove l’olio riposa in grandi vasche di acciaio inox, a temperatura costante, in silenzio e al buio, pronto ad essere “spillato” per fare fronte alla crescente richiesta del mercato.
“Ai tempi dei nonni – chiosa il presidente di Redoro – erano pochi a potersi permettere molto olio, venduto in damigiane; oggi sono molti che acquistano poco, ovvero tante piccole bottiglie”. Le bottiglie verdi con il manico che sono ormai caratteristiche di questo olio veneto, il cui prezzo si mantiene nel tempo e che negli ultimi dieci anni hanno avuto un’escalation anche grazie al riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta della Valpolicella, voluta ed ottenuta proprio da Salvagno.
Oggi il 50% dell’olio veneto Dop è il suo. Che non insegue i grandi marchi ma punta ad una produzione di nicchia e di qualità contando – conclude Salvagno – “su una tradizione che dura ormai da un secolo ed un quarto e sul clima favorevole delle colline e della zona del Garda, territori e microclima unici da cui si ottengono le caratteristiche e i sapori inconfondibili del nostro extravergine di oliva”.
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