Dazi e mercati alternativi, Pozzo: l’India emerge con Vietnam e Malesia
Il presidente di Pmp e di Confindustria Udine: «Le tariffe americane contro la Cina spingeranno molte imprese a ristrutturare le catene di fornitura»

Due fabbriche in Cina, prima in affitto e poi di proprietà, dal lontano 2002, agli albori della globalizzazione. Un impianto in India dal 2012, per il quale è previsto il raddoppio in tempi brevi. Uno stabilimento in Malesia, dal 2018, per le forniture di tutto il Sud Est asiatico. Luigino Pozzo, fondatore e presidente di Pmp Industries e numero uno di Confindustria Udine, conosce per filo e per segno le dinamiche economiche del continente più grande e popolato del mondo. «È un mercato ancora allettante - dice - , attrattivo per le imprese internazionali. I dazi imposti dagli Usa alla Cina spingeranno molte imprese a ristrutturare la catena di fornitura, favorendo nuove sinergie tra Europa e Pechino».
Presidente Pozzo lei tutto sommato vede il bicchiere mezzo pieno, nonostante le forti tensioni geopolitiche che investono anche l’Asia?
«Guardi, i mercati asiatici sono ancora allettanti e lo sono in misura crescente. L’Asia rappresenta oggi circa il 40% del commercio globale e oltre il 60% della popolazione mondiale. Secondo il Fmi l’Asia-Pacifico è destinata a contribuire per oltre il 70% alla crescita economica globale nel periodo 2024-2028. La regione continua a offrire condizioni favorevoli per gli investimenti grazie a crescita demografica, urbanizzazione accelerata e digitalizzazione diffusa. In particolare, la domanda locale di beni industriali, prodotti di lusso, tecnologie verdi e soluzioni infrastrutturali rende questo bacino strategico per l’industria europea».
In tale ambito il mercato più dinamico quale pensa che sia?
«L’India emerge con forza. Con un Pil in crescita del 6,5% nel 2024 è la quinta economia mondiale e potrebbe diventare la terza entro il 2030. Il Paese ha una forza lavoro di oltre 500 milioni di persone, con un’età media di 29 anni, e sta investendo massicciamente in infrastrutture, energia pulita e digitalizzazione. Allo stesso tempo, la Cina, nonostante un rallentamento legato alla crisi immobiliare e alla politica di riduzione della propria dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti e dall’Ue, resta il principale hub manifatturiero globale».
Vede altri Paesi emergenti nell’area?
«I Paesi dell’Asean (Associazione delle nazioni del Sud Est asiatico) stanno registrando performance molto interessanti. Il Vietnam ha mantenuto una crescita della ricchezza superiore al 6% negli ultimi cinque anni, diventando un punto di riferimento per le imprese europee grazie agli accordi commerciali di libero scambio (come l’Evfta con l’Ue) e al basso costo del lavoro. L’Indonesia è il più grande mercato del Sud Est asiatico, con oltre 270 milioni di abitanti e un Pil in crescita del 5%. Anche le Filippine, la Malesia e la Thailandia stanno implementando politiche di apertura agli Ide (Investimenti diretti esteri) nei settori dell’elettronica, dell’energia e dell’automotive».
Come potrebbero incidere i dazi americani, sospesi all’Europa ma aumentati alla Cina, sui commerci e le relazioni Ue-Asia-Stati Uniti?
«I dazi imposti da Trump alla Cina spingeranno molte imprese a ristrutturare le catene di fornitura, favorendo nuove sinergie tra Europa e Asia. Per l’Ue, che al momento è soggetta a dazi reciproci del 10%, si aprono opportunità per subentrare come fornitore alternativo sia negli Usa sia in Asia, soprattutto nei segmenti high-tech, automotive e beni intermedi. Tuttavia, la situazione è fluida: i partner europei devono muoversi con cautela tra gli interessi strategici di Stati Uniti e Cina, puntando a rafforzare relazioni bilaterali con Paesi non coinvolti direttamente nella guerra commerciale, come India e Vietnam, e a difendere la propria autonomia strategica».
Quali sono le maggiori opportunità per un’impresa italiana o del Nord Est che decide di investire in Asia?
«A mio avviso i settori dove il made in Italy è molto apprezzato: moda e lusso, design e arredamento, agroalimentare e food tech, macchinari industriali e automazione, green tech ed energie rinnovabili».
Che vantaggio competitivo può dare un investimento italiano in Paesi come Cina, Thailandia, Vietnam?
«L’internazionalizzazione in Asia consente alle imprese italiane di migliorare la resilienza delle supply chain, accedere a nuovi segmenti di consumo e ottimizzare la struttura dei costi. La Cina, può offrire diversi vantaggi competitivi, a patto che sia ben pianificato e allineato con le dinamiche locali e globali. In Thailandia, hub regionale per l’automotive e l’elettronica, si può beneficiare di incentivi fiscali nelle zone industriali speciali. In Vietnam, grazie agli accordi di libero scambio e al basso costo del lavoro, è possibile produrre per l’intera regione asiatica».
L’India è quasi un continente a sé stante: quali le differenze con l’altro gigante, la Cina?
«Le differenze sono profonde. La Cina ha un sistema economico più centralizzato, con piani quinquennali che orientano lo sviluppo industriale e un controllo statale esteso su settori strategici. L’India, invece, ha un’economia più decentralizzata e una democrazia parlamentare con una forte componente statale a livello regionale. Questo rende l’approccio all’India più complesso ma anche più flessibile sul lungo termine».
Vede possibilità di sviluppo di scambi commerciali e investimenti con l’India?
«Sì e in forte espansione. Le imprese italiane possono inserirsi in progetti infrastrutturali (smart cities, logistica, energia rinnovabile) e in programmi come “Make in India” (hub manifatturiero) e “Startup India” (innovazione)».
Corea del Sud e Giappone, due economie mature, sono ancora approdo per le imprese italiane?
«Sì possono essere considerate, ma con estrema cautela, vista la situazione geopolitica. Sono mercati di grande qualità e con un alto grado di apertura all’innovazione. Le imprese italiane trovano spazio in settori ad alta gamma: robotica, biotecnologie, medicale, moda, enogastronomia. Entrambi i Paesi, infine, apprezzano il valore culturale e l’artigianalità dei prodotti italiani».
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