Dentro il pianeta Luxottica: tra creativi, artigiani e robot

Quando Leonardo Del Vecchio arrivava con il suo elicottero e vedeva dall’alto il mare blu della “sua” Luxottica, provava un fremito. Lo aveva confessato lui, guardava la fabbrica e si domandava: «Ma che casino ho combinato?». Arrivando ad Agordo dalla valle e non dal cielo la sensazione non cambia. Il mare blu, le due stelle, la scritta Luxottica, l’imponenza del fianco della montagna, rinverdito di alberi dal gigante dell’ottica dopo la tragedia di Vaia.
Un colosso che sotto la guida del presidente e amministratore delegato Francesco Milleri oggi conta quasi 100 miliardi di capitalizzazione e 200 mila persone nel mondo. Ed è la fabbrica, questa, non un’altra, il cuore e l’anima di Big Lens, come lo aveva soprannominato The Guardian qualche anno fa, paragonandola ad altri big, quelli della tecnologia.

La fabbrica, parlando di Agordo la chiamava così anche Del Vecchio, esattamente come fa anche la prima persona ad aver creduto in quel sogno diventato realtà, in una valle dove gli occhiali non li faceva nessuno, perché il distretto era quasi tutto a Longarone. Si tratta di Luigi Francavilla, presidente onorario del gruppo: «Questa è la fabbrica più grande d’Italia. Qui si può vedere come si fanno davvero gli occhiali».
Non esagera. La cittadina di Agordo conta poco più di 4 mila abitanti, la popolazione di Luxottica che entra nel mare blu è ormai ben più corposa - oltre 5 mila persone. Tra Agordo e Cencenighe sono circa 5.500 i dipendenti, e 4.500 quelli della vicina Sedico, per un totale di oltre 10 mila nel Bellunese – la metà della popolazione del gruppo in Italia. Di questi, circa tremila hanno meno di 30 anni e un dipendente su due meno di 40.
Scienziati, ingegneri e informatici
La popolazione aziendale vanta un alto livello di istruzione, con molti dipendenti in possesso di diplomi, lauree e master, e talenti in arrivo da tutta Italia e dall’estero. Le lauree più comuni includono ingegneria industriale, scienze economiche e statistiche, e un significativo numero di laureati in fisica, chimica, matematica e informatica, oltre a ingegneria civile, architettura e discipline umanistiche, sociologiche e psicologiche. La diversità è un altro punto di forza, pensando che più della metà della forza lavoro è donna, e un dipendente su cinque è straniero.

Agordo è il frutto di una stratificazione. Il vero codice genetico di Luxottica prima e di EssilorLuxottica ora. Dietro le ampie porte a vetri dell’ingresso l’odore è quello della vernice recente. Pannelli neri alternati a teche di vetro e pannelli a Led. Modelli speciali per le sfilate di Prada, Dolce&Gabbana, Chanel, gioielli più che occhiali.
«Abbiamo iniziato a ristrutturare quest’area nel 2021, qui vengono i grandi brand della moda e quindi anche gli ambienti ora comunicano ancora più il nostro made in Italy», spiega Giorgio Striano, chief operating officer del gruppo. Nello show room al piano superiore su un tavolo ci sono i diversi modelli delle case di moda, accanto il packaging che con l’acquisizione degli astucci Fedon permette di integrare ancor più il modello verticale di EssiLux.

Esposti ci sono anche i Nuance Audio, gli occhiali per sentire: non serve dare indicazioni, il device amplifica direttamente la voce che arriva dove si sta volgendo lo sguardo. E poi i ecco Ray-Ban Meta, che presto anche in Italia avranno l’atteso upgrade dell’Intelligenza Artificiale.
L’interconnessione spinta
Tra i device anche gli occhiali che prevengono la miopia in età pediatrica: le lenti presentano una superficie ad anelli concentrici che rallentano la progressione del difetto visivo nei bambini. Oltre c’è la stanza del colore.
Dove, esattamente come avviene per i tessuti, i grandi del lusso e della moda con cui l’azienda lavora, da Dolce&Gabbana a Prada, da Armani a Cucinelli possono scegliere varianti di colore o texture per le montature. Schegge di futuro.
Luxottica ha sempre puntato sull'innovazione per mantenere la posizione di vertice. Con un focus costante sulla modernizzazione e l'evoluzione tecnologica, l'azienda ha saputo trasformare i suoi stabilimenti, in particolare quello di Agordo, in veri e propri hub dell'innovazione.

Inaugurato nel 1961, questo luogo è stato il cuore pulsante dell'innovazione di Luxottica. Nel corso degli anni, l'azienda ha effettuato numerosi interventi di ristrutturazione e ampliamento per adeguarsi alle nuove esigenze produttive e tecnologiche.
La Agordo valley è un sito da cartolina e un luogo in perenne evoluzione, dove si toccano le radici culturali e identitarie dell’azienda, si percepisce l’attaccamento alla maglia dei colleghi più anziani, e dove allo stesso tempo si respira aria di futuro, di giovani e tecnologia, di digitale e apertura al mondo, grazie all’interconnessione spinta che collega la capitale dell’occhiale con il mercato e il mondo.
Luxottica ha investito nella ricerca e sviluppo di nuovi materiali e processi produttivi per migliorare la qualità e la durabilità dei prodotti. Tra le principali innovazioni vi sono l'introduzione di nuovi materiali termoplastici per iniezione, come una nuova generazione di nylon, e plastiche con tessuti inseriti, come il pizzo, per impreziosire i colori dell'acetato. In termini di processi, sono stati fatti notevoli passi avanti nella produzione delle lenti e delle montature, con nuovi colori delle lenti, lacca antigraffi, e lavaggi modificati per ridurre lo scarico delle acque.
Il software di pixar
«Ogni anno nascono 3.500 nuovi modelli, cui si sommano varianti per colore e materiale», spiega Federico Buffa, chief product and marketing officer di gruppo, «per arrivare a questo partiamo dalla creatività di circa 16 mila modelli in digitale». L’anima creativa del gruppo realizza i rendering in 3D per i diversi brand proprio ad Agordo, con il software Maya, quello che usa la Pixar per i suoi cartoni animati. Modelli perfetti anche dal punto di vista ergonomico, indossabili digitalmente e che poi le direzioni creative delle case di moda bocciano o promuovono.
Dalla creatività alla prototipia è un piano di scale, qui i disegni si fanno materia. Gli artigiani arrivano a realizzare 300 paia di occhiali in una manciata di giorni: andranno dritti sulle passerelle. Ma la spina dorsale che fa di EssilorLuxottica ciò che è, si trova un po’ più in là. Nel processo di industrializzazione. Il gruppo produce gli stampi e le macchine che daranno corpo alla magia digitale delle montature.

«L'automazione ha giocato un ruolo cruciale nell'evoluzione di Luxottica, con l'introduzione di macchinari e robot avanzati che hanno rivoluzionato il modo di lavorare», spiega Striano. Tra le innovazioni più significative vi sono i robot antropomorfi, come Yumi, utilizzati per l'assemblaggio di frontale e aste degli occhiali. L'azienda ha anche impiegato macchine di precisione, come i centri ad alta velocità a cinque assi e le macchine per la realizzazione di elettrodi per erodere gli stampi. Un altro esempio di innovazione è rappresentato dalle pulitrici automatiche a cinque assi, che garantiscono una qualità costante e migliorano l'efficienza del lavoro.
La scatola nera di Sedico
Il sole splende sul mare blu di Agordo. Il viaggio in Luxottica è quasi finito. Manca un ultimo pezzo, più a valle, a Sedico. Un polo logistico che sembra uscito da un film di James Cameron. Una dark factory grande come due campi da calcio, in grado di gestire oltre 10 milioni di unità contemporaneamente.
Tutta sensori, shuttle e nastri trasportatori. Il plesso logistico si estende su una superficie di circa 36 mila metri quadrati, con un magazzino automatizzato che rappresenta un esempio di alta tecnologia: 33 piani di scaffalature, quasi 500 navicelle che operano all'interno del magazzino, percorrendo mediamente 25 chilometri ogni turno di lavoro.
Avviato nel 2001, da quanto nel 2019 è stata inaugurata la nuova “scatola nera” gestisce fino a 150 mila referenze tra eyewear, accessori e ricambi, spedendo circa 70 milioni di prodotti ogni anno. Con una capacità di prelevare e spedire tra 300 e 400 mila unità giornaliere, il sito ha visto un incremento del 40% rispetto al passato.
Il viaggio nel miracolo italiano degli occhiali termina qui. E scendendo lungo i tornanti di montagna, l’impressione è quella dell’arrivo. Sta tutta in una esclamazione: «Che cosa ha fatto Del Vecchio».—
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