Electrolux, la crisi dei componenti ferma le fabbriche
L’azienda comunica lo stop di Solaro, 764 dipendenti, e apre la cassa integrazione. A Porcia incontro con i sindacati per cercare di evitare l’uscita dei primi 27 lavoratori con contratto a termine. La Uilm propone un accordo per superare la legge
PORDENONE. Dopo Porcia e Forlì Electrolux ferma anche Solaro, lo stabilimento lombardo che produce lavastoviglie. L’azienda ha informato ieri i sindacati nel corso di un incontro convocato d’urgenza, della decisione di chiedere la cassa integrazione per un massimo di 764 lavoratori per 13 settimane, anche non consecutive, e anche a zero ore.
La causa? L'impossibilità di garantire la produzione per l’improvvisa interruzione del flusso di consegna di componenti. La stessa motivazione che sta mandando al ralenti Porcia dove una sola linea, nel turno pomeridiano, va a 8 ore, le altre a 6 ore con le restanti coperte dalla cassa integrazione. Ma la situazione dello stabilimento pordenonese è tale (con oltre 40 giorni di stop produttivo da inizio anno) da determinare la mancata conferma dei lavoratori in azienda da due anni con un contratto a termine.
Complessivamente sono 128 i terministi, di questi 27 sono in scadenza il 30 giugno. E di questi 27, solo 5 vedranno trasformarsi il contratto a tempo indeterminato; gli altri - salvo accordi dell’ultima ora - sono destinati a concludere la loro esperienza in Electrolux giovedì. Le prossime scadenze sono: fine luglio, con 15 terministi inattesa di capire quale potrà essere il loro futuro lavorativo, e a fine agosto altri 30.
Su questi temi si apre il 29 giugno un nuovo confronto, dopo il coordinamento della settimana scorsa, a livello di stabilimento tra azienda e sindacati.
«La carenza di componenti sta determinando effetti profondamente negativi in Electrolux - è la considerazione di Roberto Zaami, segretario provinciale della Uilm -, tanto che persino Solaro, l’unico stabilimento con certe previsioni di crescita, viene costretto allo stop produttivo. E’ chiaro che il nostro obiettivo resta quello di incrementare il più possibile il numero di precari da stabilizzare, e trovare soluzioni per prorogare un contratto che, sulla base della normativa, dopo 24 mesi non potrebbe più essere rinnovato. In altre aziende - prosegue Zaami -, penso ad esempio alla Piaggio, questo è stato fatto. Noi puntiamo a proporre la stessa soluzione ad Electrolux: un accordo che consenta di superare i vincoli normativi. E’ ovvio che non è “la” soluzione ideale, perché resta precaria, ma tra l’alternativa di lasciare a casa decine di persone o mantenerle in azienda con un contratto, anche se a termine, noi preferiamo la seconda opzione».
Allo stop&go legato ai componenti, si profila ora - come dettagliato dall’azienda la scorsa settimana - un problema di scenario, con una domanda di mercato non più esuberante come quella del 2021, che rende incerte le previsioni sui volumi raggiungibili a fine anno.
Tra le organizzazioni sindacali Fim Fiom e Uilm la linea non sempre coincide. C’è chi vorrebbe chiedere all’azienda di agevolare l’uscita di lavoratori magari vicini alla pensione, assumendo stabilimenti giovani precari e agevolando il ricambio generazionale. Il punto è che, a partire dal 2014, con il famoso accordo sulla ristrutturazione degli stabilimenti italiani del Gruppo, tutti coloro che avevano all’orizzonte la possibilità di uscire agganciando la pensione, lo hanno fatto, e chi ha voluto cogliere l’occasione per incassare l’incentivo e investirlo magari per avviare un’attività in proprio, lo ha fatto. Pensare che Electrolux metta sul tavolo una nuova tranche di incentivi, al momento, non sembra sia un’ipotesi possibile.
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