Electrolux nel mirino dei cinesi, il dossier preoccupa la diplomazia Usa

Il messaggio al governo da parte dell'Ambasciata americana che chiede chiarimenti anche sulla posizione rispetto all’investimento di Intel. Castro: «L'elettrodomestico ormai ha importanza strategica»

Giorgio Barbieri

Da qualche giorno i fari dell'amministrazione americana sono ben puntati su due delicati dossier che riguardano direttamente il futuro produttivo del Nordest: il futuro dell'Electrolux e le difficoltà che sta trovando l'investimento da oltre 4 miliardi di euro di Intel per la costruzione di una fabbrica di microchip per la quale è in corsa la veronese Vigasio. Nel primo caso i timori sono dovuti alla possibilità che il gruppo svedese degli elettrodomestici, con importanti stabilimenti a Susegana e Porcia nel Pordenonese, possa vendere ai cinesi di Midea che entrerebbero in maniera preponderante in una fondamentale filiera della nostra manifattura. Nel caso di Intel a preoccupare è invece la possibilità che la multinazionale americana decida di ritirare definitivamente l'investimento miliardario a causa anche della scarsa fiducia rispetto alle condizioni offerte dall'Italia agli investitori internazionali.

Il messaggio

A manifestare al governo le preoccupazioni dell'amministrazione americana è stato, come riporta il Foglio ieri, Shawn Crowley, Incaricato d'affari ad interim presso l'Ambasciata degli Stati Uniti d'America in Italia, il sostituto dell'ambasciatore che non è stato ancora nominato. Oltre a Electrolux e Intel gli altri dossier presi in considerazione sono Ita, Priolo e Tim. Per tutti il filo conduttore è lo stesso: il sospetto che l'Italia voglia penalizzare gli investimenti americani.

Il fronte Electrolux

A preoccupare in questo caso è la possibile vendita del colosso dell'elettrodomestico ai cinesi di Midea. «La sollecitazione americana non deve stupire», spiega Maurizio Castro, direttore scientifico del Master Cuoa con una lunga storia di dirigente proprio in Electrolux e conoscitore del mondo cinese dell'elettrodomestico. «Anche se potrebbe non sembrare», afferma, «il settore degli elettrodomestici ricopre una grande importanza strategica per due ordini di motivi. Il primo dal punto di vista tecnologico, dato che con la domotica si andrà sempre più verso processi di digitalizzazione spinta che coinvolgerà anche la gestione di dati estremamente sensibili. Ma non dobbiamo dimenticare che si tratta anche di prodotti che hanno una grandissima importanza per le famiglie e le imprese. Una possibile gestione da parte di un'impresa cinese dell'intera filiera, con possibili problemi sulle forniture, potrebbe creare danni importanti al tessuto sociale del Paese». Per Castro dunque le preoccupazioni americane vanno lette come un invito al governo alla messa a punto di una politica industriale sull'elettrodomestico. «È necessario creare», aggiunge, «una holding a trazione pubblica (almeno in una prima fase) che guidi il processo di integrazione e sviluppo fra i produttori italiani minori, anche incorporando i siti indeboliti dalle ristrutturazioni e ricostituendo un presidio adeguato della componentistica, e crei un'alleanza con i produttori del contiguo settore professional. Non dimentichiamo che appena nel 1995 il 45% degli elettrodomestici era prodotto in Italia. Giusto per dire che stiamo parlando di elementi costitutivi della stessa identità industriale italiana».

Il fronte Intel

Come è noto la società statunitense di microchip, d'accordo con il governo Draghi, aveva selezionato Vigasio come sito preferito per la costruzione di una fabbrica di semiconduttori. Un investimento da circa 4,5 miliardi di euro. Da mesi però la trattativa sembra arrivata ad un binario morto. Non solo perché grazie all'Inflation Reduction Act firmato da Biden la scorsa estate le aziende americane hanno più convenienza a investire nel proprio paese, ma anche perché da parte del governo non starebbero arrivando le garanzie necessarie.

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