Elettrodomestico, crolla la domanda in Europa ed Electrolux congela gli investimenti in Italia

Dei 5 stabilimenti italiani meno critico appare l’orizzonte per Cerreto d’Esi e per Susegana. Nel sito veneto gli investimenti per la nuova fabbrica Genesi sono stati completati nel ’21 rendendo lo stabilimento pienamente operativo e, anche, meno esposto alle difficoltà delle forniture. Porcia, invece, è destinataria di investimenti ad hoc - in parte già avviati - per un nuovo modello di lavatrice di alta gamma, il cui completamento ora finisce sub iudice

Maura Delle Case
LOLA AKINMADE AKERSTROM
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PORCIA. Electrolux rimette sotto osservazione i propri investimenti in Italia. La multinazionale svedese leader nell’elettrodomestico, con quartier generale per l’Italia a Porcia, 5 stabilimenti con circa 5 mila addetti tra Porcia (lavaggio), Susegana (freddo), Forlì (forni e piani cottura), Solaro (lavastoviglie) e Cerreto d’Esi (cappe), avrebbe dovuto incontrare i sindacati nel summit di coordinamento nazionale il 31 agosto per discutere sulle modalità operative dell’annunciato investimento a Solaro per la nuova piattaforma delle lavastoviglie.

L’incontro, invece, non ci sarà e la motivazione è «il riesame del piano di investimenti annunciato» fanno sapere fonti sindacali (circa 70 milioni di euro nel 2022 a cui sommare uno stanziamento dedicato a Solaro, ndr), alla luce dei costi operativi e delle scelte che il Gruppo dovrà portare avanti per il loro contenimento. Ma anche - e questo è forse l’aspetto più critico - alla luce di una netta inversione della domanda di elettrodomestici in Europa (mercato di riferimento per le fabbriche italiane), oggi in fortissima contrazione.

Con un costo dell’energia che, come sappiamo, continua a crescere a livelli esponenziali, e in Italia più che altrove, i problemi della supply chain che Electrolux continua ad affrontare ormai da due anni a questa parte e che hanno fermato più volte la produzione degli stabilimenti (soprattutto Porcia, Forlì e Solaro), la competitività ritorna in discussione.

I segnali giustificano una marcata attenzione da parte dei sindacati, non ancora un allarme. In attesa ovviamente del nuovo confronto con il Gruppo, in data ancora da definire, che chiarisca se quello che appare oggi come uno stop agli investimenti sia solo un riesame delle tempistiche o se lo scenario abbia contorni ben diversi, e più penalizzanti, per la presenza di Electrolux nel Paese.

I volumi, indicatore cruciale per le fabbriche italiane, sono pericolosamente vicini alla soglia critica a Porcia che, dopo aver superato il milione di apparecchiature, a causa sia delle difficoltà nell’approvvigionamento di componenti che della domanda in contrazione, stimava a giugno di chiudere a fine anno attorno alle 830 mila unità - e parliamo di stime, non di saldi -, una soglia pericolosamente vicina ai 750 mila pezzi che, all’epoca dell’accordo sulla ristrutturazione che “salvò” dalla chiusura la fabbrica pordenonese, era stata definita come “limite” per la sostenibilità dello stabilimento. Ma a fronte di costi sui livelli di 10 anni fa.

Porcia, peraltro, è anche destinataria di investimenti ad hoc - in parte già avviati - per un nuovo modello di lavatrice di alta gamma, il cui completamento ora finisce sub iudice.

Non va meglio a Forlì dove l’azienda ha appena comunicato lo stop produttivo per il 29 agosto, settima giornata di fermo nel mese, con relativo ricorso alla cassa integrazione, che si somma alle 2 settimane di chiusura collettiva per ferie. A Forlì da aprile i giorni in cig sono 37, un numero vicino a quello di Porcia.

Solaro è l’altra fabbrica penalizzata dalla carenza di componenti e dalla domanda del mercato, e si appresta ad essere la prima a incrociare quelle che saranno le nuove scelte di Electrolux.

Meno critico appare l’orizzonte per Cerreto d’Esi e per Susegana. Nel sito veneto gli investimenti per la nuova fabbrica Genesi sono stati completati nel ’21 rendendo lo stabilimento pienamente operativo e, anche, meno esposto alle difficoltà delle forniture.

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