Ferest Rail, ecco come cambiano i trasporti dall’Est Europa
L’azienda udinese importa cereali dall’Ucraina via treno. Il Cfo, Stefano Ghilardi, racconta com’è cambiato il trasporto dall’esplosione della guerra e guarda al futuro, alla fine del conflitto, quando Kiev potrebbe restare senza porti
«Sarà difficile che l’Ucraina possa utilizzare di nuovo i porti sul mar Nero, perché sono quasi tutti sotto il controllo russo». Logico parlare di futuro e prospettive con chi commercia con l’Ucraina, paese invaso dalla Russia nel febbraio del 2022 e che presto, se davvero il neo rieletto presidente americano Donald Trump manterrà fede ai suoi propositi, potrebbe tornare in pace. O quantomeno potrebbero tacere le armi sul fronte, in attesa degli sviluppi della diplomazia.
Stefano Ghilardi è il direttore finanziario (Cfo) di Ferest Rail, azienda con sede a Udine da 40 milioni di euro di fatturato e 22 dipendenti, uno dei principali importatori di cereali dall’Est Europa via ferrovia. Da quando Kiev è in guerra il grano, il mais, l’orzo viaggiano molto meno via nave, mentre si è rafforzato l’interscambio con l’Italia via rotaia.
«Dal febbraio 2022 ci siamo dovuti adattare - spiega Ghilardi, che sarà uno dei relatori sul palco dell’evento Top 500 in programma giovedì a Majano, nella sede della Snaidero - , con la guerra si sono chiusi di fatto gli sbocchi sul Mar Nero, il porto di Odessa, in particolare, è paralizzato. Tutti i quantitativi di merci per l’Europa arrivano oggi via ferrovia, per noi è stata un’opportunità intercettare questi quantitativi. Siamo passati da un milione di tonnellate trasportate nel 2021 al milione e 200 mila tonnellate dell’anno successivo e al milione e mezzo del 2023 e 2024. Non è stato facile, comunque, perché i binari ferroviari dell’Ucraina hanno uno scartamento diverso da quello europeo, sono come ai tempi dell’Unione sovietica e così i nostri treni non possono entrare, se non in qualche scalo, pochi, che hanno adattato i binari agli standard europei. Così siamo costretti a ritirare i materiali sul confine. Dobbiamo prevedere configurazioni ad hoc dei convogli per inviarli al carico. Si è creata una nuova opportunità di business, c’è una ricaduta positiva per chi tratta il trasporto su rotaia, ma dobbiamo sempre ricordare che stiamo parlando di un paese in guerra, con tutte le difficoltà che ciò comporta».
Ghilardi ritiene che una tregua o una pace in Ucraina non sposteranno molto le cose rispetto a oggi. «Stando a quello che si può immaginare circa la politica di Trump e stando a quello che è emerso finora - osserva il manager di Ferest Rail - , il prossimo presidente americano cercherà di portare a termine la guerra, lasciando le terre occupate alla Russia. Gli sbocchi sul mar Nero, quindi, sarebbero in capo alla Russia, quasi completamente. Per questo, a mio avviso, ci sarà da attendersi, da parte degli ucraini, un potenziamento della ferrovia per far arrivare i loro prodotti in Italia o in Germania o in Francia. Dopo la chiusura del conflitto, lo sviluppo futuro andrà in questa direzione. Gli investimenti di Kiev potrebbero mirare all’adeguamento dei binari, per stringere maggiormente i rapporti con l’Unione europea».
Secondo il direttore finanziario di Ferest Rail il trasporto via rotaia non potrà avvenire, in futuro, dalla Russia, che pure è ricca di cereali, perché «le distanze sono grandi, non sarebbe conveniente per quanto riguarda le tariffe di trasporto. La parte occidentale dell’Ucraina dista da Lombardia e Piemonte circa 2 mila chilometri, quindi sono distanze accettabili dal punto di vista del rapporto costi-benefici».
L’azienda udinese, leader nella logistica, è all’avanguardia nella realizzazione dei cosiddetti maxi convogli. «Abbiamo introdotto da qualche tempo i treni super pesanti - aggiunge Ghilardi - che consentono di portare più prodotto. Organizziamo treni da 2.500 tonnellate lorde, circa 1.800 tonnellate di merci, lunghi 500 metri, con 28, 30 vagoni ciascuno. Il trasporto via treno consente di risparmiare sulla CO2 e di snellire il traffico stradale. Per ogni nostro convoglio non vanno su strada 72 camion, intendo autotreni. Visto che ne facciamo un migliaio all’anno di convogli, dai due ai tre al giorno, significa che eliminiamo 72 mila Tir dalle strade e dalle autostrade, non è cosa da poco. Ogni viaggio dal confine con l’Ucraina dura da 5 a 8 giorni. La rete, sia in Italia che all’estero, è interessata dagli interventi infrastrutturali del Pnrr per ammodernare le linee, ma intanto si va piano o ci si ferma in qualche collo di bottiglia, in attesa delle linee più efficienti e moderne, che dovremmo avere dal 2026 in poi. L’obiettivo è di arrivare a 4 giorni per portare il grano o il mais in Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia, dove ci sono le grandi fabbriche per la trasformazione per i mangimi e per l’alimentazione umana. Intanto noi puntiamo a diversificare il business, non solo Est Europa, ma anche Francia. Abbiamo già dei piani operativi per nuove rotte verso Ovest, con lo scopo di aumentare i volumi e quindi i ricavi».
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