Fonderie e caro energia, per VDP nel 2022 volumi stabili e ricavi +40%

Il gruppo di fonderie venete ha chiuso il 2022 con volumi quasi inalterati rispetto al 2021: oltre 50mila tonnellate di ghisa. E fatturato consolidato a 130 milioni di euro

Federico Piazza

Diversificazione di mercato e indicizzazione dei costi di fornitura. Con questi due capisaldi il gruppo di fonderie venete VDP ha chiuso il 2022 con volumi quasi inalterati rispetto al 2021: oltre 50mila tonnellate di ghisa. E fatturato consolidato a 130 milioni di euro (+40%). Marginalità difesa, nonostante il caro energia e materie prime. «È andata mediamente bene, dopo che nel 2021 avevamo invece sofferto perché non tutte le voci di costo erano indicizzate. E la domanda è stata vivace in molti dei settori industriali che serviamo in Europa e in Nord America», commenta il presidente e amministratore del Gruppo, Franco Vicentini.

La famiglia Vicentini ha fondato a Schio la VDP spa nel 1992. Nel 2018 e 2019 ha acquisito due fonderie padovane: la Anselmi di Camposampiero, oggi VDC srl, e la Zen di Albignasego rinominata VDZ srl. Il Gruppo, che impiega oggi circa 400 addetti, è un importante produttore europeo di ghisa sferoidale e grigia, con un export di oltre il 40%, per la meccanica industriale: trasmissioni, costruzioni, eolico, presse, oleodinamica, navale, compressori.

«A parte la VDZ ex Zen, che è ancora fortemente focalizzata sull’automotive, lavoriamo per settori diversificati. Oltre all’Italia, i principali mercati sono Germania, Svizzera, Francia, Usa», spiega Vicentini. Proseguono gli investimenti del Gruppo: in particolare quest’anno sono previsti interventi nella fonderia VDC ex Anselmi di Camposampiero per 4 milioni di euro. Però permane l’incertezza di mercato che rende difficile la visione strategica. A partire dalle materie prime e dall’energia. I prezzi di gas e corrente elettrica si sono raffreddati, ma le variabili sono tante: dall’evoluzione della crisi russo-ucraina alla prevista ripresa nel 2023 dell’economia cinese, che potrebbe impattare anche sul prezzo di mercato del GNL (gas naturale liquefatto) su cui l’Europa basa molto della sua diversificazione degli approvvigionamenti. «Sicuramente il credito d’imposta del 45% sui costi energetici sta aiutando», osserva Vicentini, che è anche vice presidente di Assofond, l’associazione nazionale delle fonderie.

Bocciato invece l’Energy Release, il contratto finanziario triennale a due vie per prezzi calmierati con prezzo di riferimento a 210 euro a MWh stipulabile dalle imprese energivore con il gestore dei servizi energetici GSE. «Schema troppo rigido anche con la soglia abbassata a 180 euro a MWh, perché con il PUN oggi intorno ai 160 euro le imprese devono pagare la differenza. Se fosse stato possibile sospenderne gli effetti quando i prezzi dell’energia scendono sotto il prezzo di riferimento, sarebbe stato più interessante», nota Vicentini. Secondo dati Assofond, sono state una sessantina le fonderie italiane che avevano aderito all’Energy Release, chi autonomamente e chi attraverso aggregatori.

L’analisi congiunturale di settore ha registrato nell’ultimo trimestre 2022 un aumento dei ricavi per le fonderie italiane del 13% e un calo del 6% dei costi operativi con una significativa compressione dei costi energetici (-17%). I costi operativi si sono ridotti più per le fonderie di acciaio (-20%) che per quelle di ghisa (-5%) e di metalli non ferrosi (-3%). E i budget 2023 prevedono +5% del fatturato e ulteriore -10% dei costi operativi. Con un indice di fiducia stabile per i prossimi mesi.

Ma la questione dell’incertezza è rimarcata da Fabio Zanardi, presidente di Assofond e presidente e amministratore della veronese Zanardi Fonderie: «Oggi ci troviamo ad aver iniziato l’anno con un andamento finalmente al ribasso dei costi produttivi, ma con moltissime incognite: i nodi geopolitici che hanno causato le difficoltà del 2022 non sono ancora risolti e la volatilità dei mercati energetici resta elevatissima. Per questo possiamo dire che le uniche certezze di questo inizio anno sono inflazione e volatilità, che tuttavia affronteremo con più strumenti e consapevolezza rispetto a 12 mesi fa. I dati del primo trimestre 2023 sono al momento confortanti».

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