I 60 anni di Sirmax, dal Veneto al mondo: «Spazio ai manager per crescere ancora»

L’analisi di Massimo Pavin, presidente e Ad del gruppo padovano attivo nella produzione di resine termoplastiche
Giorgio Barbieri

«In Sirmax siamo legati ai valori del territorio ma non alle sue tradizioni. Per questo abbiamo avviato per tempo un processo di managerializzazione in grado di garantire crescita all’azienda. Ora questo processo è arrivato all’ultimo miglio e il mio compito principale sarà quello di creare un gruppo di collaboratori che pensi al posto mio. È la parte più difficile, ma è quella decisiva per continuare a svilupparsi». Ha le idee chiare Massimo Pavin, presidente e amministratore delegato di Sirmax, azienda di Cittadella specializzata nella produzione di resine termoplastiche che quest’anno arriva a spegnere le sessanta candeline.

«Io compirò la stessa età tra un mese», sottolinea Pavin che guarda al futuro con un orizzonte che va oltre le difficoltà di un mercato europeo sempre più in affanno, volgendo lo sguardo verso Stati Uniti e Brasile da una parte e, soprattutto, India dall’altra.

«L’attuale politica del “Making in India” aiuta a far crescere la manifattura interna e a rendere l’industria indiana il meno possibile dipendente da altri Paesi, in primis dalla Cina», spiega Pavin, «non è un caso che Sirmax ha deciso di puntare sull’India ancora di più: dopo due stabilimenti, attivi dal 2017, sta per nascere un terzo, che diventerà operativo dal 2026 e che sarà il quattordicesimo del gruppo».

Nato nel 1964 con il nome di Sirte, il gruppo padovano, con un importante stabilimento anche a San Vito al Tagliamento, è oggi tra i leader nella produzione dei granuli termoplastici alla base di molti prodotti durevoli in plastica della vita quotidiana. I numeri, anche nel 2024, sono positivi.

L’ultima semestrale si è chiusa con 215 milioni di euro di ricavi, contro i 200 del 2023, frutto anche di un aumento dei volumi venduti del 10%, e 24 milioni di margine operativo lordo. «Il nostro ruolo nelle filiere ci permette di vedere sempre in anticipo l’andamento dei mercati», sostiene Pavin, «freniamo prima degli altri e ripartiamo prima. L’attesa è per una ripresa globale nel primo semestre 2025, tra discesa d’inflazione e tassi e la stabilità politica derivante dalla fine dei cicli elettorali nell’Unione europea, in India e negli Stati Uniti».

Ma i fulcro della transizione resta la pianificazione di un corretto passaggio generazionale. Con questo spirito è infatti prima avvenuto il cambio della governance, un consiglio di amministrazione a cinque che oltre alla famiglia ha visto l’ingresso di due indipendenti.

Il nuovo board è composto oltre che da Massimo Pavin, dal fratello Roberto, Chief financial officer (CFO), dall’altro fratello Vittorio, già direttore commerciale del settore Elettrodomestici, da due consiglieri esterni: Alessandro Minichilli, professore ordinario al Dipartimento di Management e Tecnologia dell'Università Bocconi di Milano, esperto nei processi di successione, transizione e managerializzazione delle imprese familiari, e Mauro Fenzi, attuale General manager della Sacmi di Imola, che vanta una solida esperienza tecnologica, maturata nel campo dell’automotive al fianco di Sergio Marchionne. «I due ingressi sono stati gestiti da un cacciatore di teste, volevo persone esterne con cui non avessi avuto rapporti pregressi», spiega Pavin.

Decisiva poi per affrontare le turbolenze geopolitiche anche la scelta di diversificare le produzioni su quattro continenti, seguendo i grandi clienti e allargando poi i mercati locali, con 13 stabilimenti, e 850 dipendenti, tra Italia e Polonia, Stati Uniti, Brasile e India. «Scelta decisiva con una globalizzazione che si frammenta in aree macro-regionali», sottolinea Pavin, «che ci mette al riparo dai rischi di dazi e perdite sulle valute, e sui costi e i rischi delle catene di fornitura lunghe, che vivono gli esportatori».

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