I lavoratori nel capitale delle imprese contro l'inverno demografico
Nel convegno organizzato da Fondazione Capitale & Lavoro ospitato alla Nice di Oderzo i due casi aziendali di Mafin e Sogno Veneto
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Affrontare il tema del passaggio generazionale e le criticità dovute all’inverno demografico attraverso la partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese. Questa la proposta emersa nel primo evento della Fondazione Capitale & Lavoro che si è svolto la mattina dell’8 febbraio nell’auditorium di Nice a Oderzo e che ha visto la partecipazione di oltre 400 persone tra istituzioni e imprenditori di alcune delle principali aziende del Nordest, tra cui Mafin e Sogno Veneto, due casi concreti a dimostrazione che questa proposta e realizzabile.
Il dibattito
“Capitale & Lavoro: nuovi modelli d’impresa”, titolo del convegno, è stato il fil rouge dell’intero dibattito. La sfida è trovare una strada tutta italiana sui temi della partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese, per costruire un modello virtuoso che coinvolga parti sociali, istituzioni e aziende e superare le conflittualità.
Tutto ha inizio dalla proposta di legge di iniziativa popolare in materia di partecipazione dei lavoratori al capitale, alla gestione e ai risultati dell’impresa. Ieri, il tema è stato trattato attraverso tre tavole rotonde che hanno visto confrontarsi protagonisti di primo piano del mondo dell’imprenditoria, del lavoro, delle professioni e del credito. Tra questi, anche gli ex ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero, Maurizio Sacconi e Tiziano Treu.
«L’Italia deve trovare una propria via, ispirandosi ai modelli europei ma adattandoli al proprio sistema economico, caratterizzato da un forte capitalismo familiare e da una dimensione di impresa piccola e media», ha sottolineato Giuseppe Milan, presidente di Fondazione Capitale & Lavoro, «proprio in questo scenario, la partecipazione dei lavoratori nell’impresa rappresenta una chiave per il futuro. È necessario passare ad un modello più collaborativo e partecipativo. La recente proposta di legge sulla partecipazione tra lavoro e impresa raccoglie un principio sancito nella Costituzione italiana da oltre 80 anni, ma mai attuato. È fondamentale un’azione coordinata tra imprese, lavoratori e parti sociali».
I casi
Nel Veneto delle piccole e medie imprese, di stampo familiare, ma con una visione internazionale, esistono già dei casi virtuosi che applicano la partecipazione come nuovo modello di fare impresa. Mosche bianche destinate a diventare capofila di un nuovo fenomeno italiano, che però all’estero è già consolidato.
Sogno Veneto è una di queste. Azienda di Sernaglia della Battaglia è attiva nel settore del riposo, specializzato nella produzione di materassi, reti e cuscini, con un fatturato di 17 milioni di euro e 90 dipendenti. L’azienda dal 2012 ha attivato un progetto di partecipazione dei lavoratori: ha emesso un’obbligazione destinata ai dipendenti.
«Tutto è nato dall’interesse di alcuni nostri collaboratori che ci hanno chiesto come potevano fare qualcosa per l’azienda», racconta Raffaele Mazzucco, presidente di Sogno Veneto Spa, «abbiamo cominciato con una obbligazione da un milione di euro e oggi abbiamo emesso sul mercato a disposizione dei nostri collaboratori e delle persone collegate alla nostra azienda, obbligazioni per tre milioni di euro, di cui 1 milione e 850 mila sono già collocate e il 20% del personale investe in azienda, poi ci sono le figure che gravitano attorno all’impresa. Ci sono anche i figli minorenni dei nostri dipendenti».
Il trust
Dal trevigiano al padovano, a Galliera Veneta. Mafin, fatturato da 74 milioni di euro, vanta lo stabilimento più grande al mondo dedicato alla produzione di un semilavorato alimentare destinato all’industria degli snack. Per coinvolgere le risorse interne ha deciso di riunire una quota delle azioni all’interno di un trust e gli utili generati da questa partecipazione verranno destinati ai dipendenti, sulla base del merito.
«Si tratta di coinvolgimento operativo basato sulla corresponsabilità delle persone al raggiungimento dei risultati dell’azienda, anche attraverso un riconoscimento della meritorietà di ciascuno ai fini del conseguimento degli obiettivi dell’azienda tali da renderla durabile nel tempo, idealmente per un periodo di 20 anni», spiega Stefano Pavan, il presidente. «È un gesto di generosità dell’azienda nei confronti dell’azienda, ma occorre avere dei requisiti: almeno 2 anni di anzianità e poi viene valutato il contribuito di ciascuno. Su 130 collaboratori, il 95% gode del surplus economico rispetto a quanto previsto dal contratto».
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