I sei mesi decisivi di Rizzani De Eccher: per il rilancio serve l’accordo delle banche
Le difficoltà dell’impresa di costruzioni di Udine, impegnata nella realizzazione di numerose importanti infrastrutture

La notizia era attesa ma rappresenta comunque un passo importante. Rizzani De Eccher, storico gruppo di costruzioni di Udine che sta realizzando grandi opere strategiche sia nel Nord Est che nel resto d’Italia, avrà altri sei mesi di tempo per trovare una soluzione alle sue difficoltà finanziarie.
Lo scorso mese di agosto, infatti, l’azienda controllata dai fratelli Claudio e Marco de Eccher, una competenza riconosciuta a livello globale nella realizzazione di ponti e viadotti e un ruolo da protagonista in progetti molto noti – dalle metropolitane sopraelevate di Dubai e di Doha al restauro del Fondaco dei Tedeschi e delle Procuratie Vecchie di Venezia – aveva avuto accesso alla “composizione negoziata”, una procedura pensata per agevolare le trattative con i creditori allo scopo di scongiurare uno stato di crisi vero e proprio.
Al pari di quanto accade quasi sempre, i sei mesi previsti dalla procedura non sono stati sufficienti per mettere in atto il piano di risanamento tracciato e trovare un accordo con le banche creditrici e, così, a inizio febbraio è arrivata una proroga di altri sei mesi.
Lo shock in Russia
Le difficoltà del gruppo affondano le radici in alcuni progetti che nel tempo, per vari motivi, non hanno generato i profitti attesi – un esempio su tutti Portopiccolo di Trieste – oppure si sono scontrati con le tensioni geopolitiche degli ultimi anni. Rizzani De Eccher in particolare era molto attiva in Russia, dov’era presente dal 1985 e fino all’invasione dell’Ucraina era coinvolta in numerose grandi opere.
Ha costruito ad esempio il complesso direzionale di Mosca chiamato Silver City e la Vtb Arena, dove gioca la Dinamo, mentre stava lavorando a uno stabilimento per il trattamento del plasma e a un centro di assemblaggio dei satelliti civili di Gazprom Space System. Le sanzioni contro il regime di Mosca hanno imposto una ritirata, che è costata la perdita di un portafoglio ordini da 400 milioni di euro ed è stata seguita da una coda di contenziosi, problemi che si sono aggiunti a quelli accusati in altri Paesi, come Arabia Saudita, Kuwait e Algeria.
In questo contesto, alla fine del 2022 il gruppo si è ritrovato nelle condizioni di non poter più sostenere le rate dei debiti in scadenza con le banche, pari a 16,2 milioni. Per darsi il tempo di riorientare il business verso aree geografiche meno rischiose come l’Europa e le Americhe e mettere le basi di un nuovo piano industriale, ha chiesto la procedura di “composizione negoziata”.
La famiglia ha fatto un passo indietro e al nuovo amministratore delegato Giovanni Cerchiarini, arrivato nel settembre 2022, lo scorso autunno è stato affiancato anche un presidente di estrazione bancaria, Massimo Pecorari. È stata definita una partnership con Autostrade per l’Italia che ha il doppio scopo di permettere alla concessionaria autostradale di accedere alle competenze di Rizzani De Eccher nella realizzazione di ponti e viadotti e al gruppo friulano di avere un ruolo nei lavori di ristrutturazione della rete che la concessionaria potrà svolgere in house.
L’accordo, in via di formalizzazione, prevede che le attività italiane della Deal di Rizzani De Eccher confluiranno in una nuova società controllata dalla Amplia Infrastructures di Autostrade. La concessionaria verserà al gruppo friulano una cifra che, stando alle indiscrezioni, dovrebbe aggirarsi sui 15 milioni e gli garantirà nei prossimi dieci anni lavori per un valore compreso fra 1 e 2 miliardi.
Il balzo dei ricavi
I sei mesi decisivi per trovare l’accordo con i creditori, Rizzani De Eccher li affronta dunque con numeri – in prospettiva - migliori rispetto a un anno fa. Stando ai dati preliminari, i ricavi nel 2023 sono cresciuti a circa 850 milioni, dai 572 del 2022, mentre il portafoglio ordini è salito da 3 a 5,1 miliardi. In più, gran parte degli ordini riguardano l’Europa - fra i quali la Rail Baltica Line, che connetterà la rete ferroviaria dei Paesi baltici a quella europea – e l’Italia, come la terza corsia dell’autostrada Venezia-Trieste fra Latisana e Portogruaro, il collegamento all’alta velocità fra Mestre e l’aeroporto di Venezia, l’ospedale Cattinara di Trieste, la ferrovia Palermo-Catania. Ancora prima dell’accordo Deal-Amplia, la quota del gruppo friulano sui lavori del Pnrr è stimata in 800 milioni: di qui la preoccupazione con cui la vicenda viene seguita anche dal governo.
Il nodo delle garanzie
Più che sulle prospettive industriali, il problema è però di natura finanziaria. L’esposizione per cassa nei confronti delle banche – in prima fila ci sono Intesa Sanpaolo e Unicredit - si è un po’ ridotta, da 260 a 249 milioni, ma le rate dei debiti non pagate sono lievitate parecchio, dai 16,2 milioni di fine 2022 a una cifra stimabile in tre volte tanto. In più c’è il tema delle garanzie: quando un’impresa di costruzioni ottiene una commessa, deve presentarsi dal committente con delle garanzie bancarie di “buona esecuzione”.
A fine 2022 le garanzie utilizzate da Rizzani De Eccher erano pari a 575 milioni, ora si sono ridotte a 475 milioni. Qui c’è uno dei punti più controversi di tutta la vicenda: l’accelerazione imposta al settore delle costruzioni dal Pnrr, ha messo sotto pressione sia le imprese – in rapporto ai ricavi, alcuni concorrenti sono più indebitati del gruppo friulano – sia le banche, che rischiano di ritrovarsi con un’elevata concentrazione di rischio proprio in virtù della forte richiesta di garanzie.
Per Rizzani De Eccher, tuttavia, poter accedere a nuove garanzie è vitale per espandere il portafoglio ordini e rimettersi in sesto. Di qui la necessità di trovare un accordo con le banche per ridiscutere i termini del debito.
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