I sigari della trevigiana Mosi rompono il monopolio toscano

Il monopolio dei sigari toscani nel mercato italiano non c’è più. A romperlo è stata un’azienda veneta, il Moderno Opificio del Sigaro Italiano srl (Mosi), nata nel 2013 con l’acquisizione del marchio Ambasciator Italico.
L’intuizione vincente dei fondatori è stata quella di puntare sul tabacco di qualità Kentucky, una coltura che in Italia stava quasi scomparendo. Sfida che l’azienda trevigiana sta portando avanti attraverso la rivalorizzazione economica della filiera del tabacco italiano, dove Mosi ha introdotto a favore dei coltivatori un premio di 2500 euro a ettaro e un adeguamento del 3% sul prezzo medio di mercato pagato sulle forniture di tabacco.
Oggi Mosi copre il 15% delle vendite di sigari in Italia, che produce lavorando tabacco coltivato in 450 ettari di terreni in diverse zone della penisola. Le aree più vocate si trovano in Veneto, in Toscana e in Campania.
Epicentro dell’attività è il Veneto, dove a Orsago in provincia di Treviso si trova la manifattura mentre in provincia di Verona ha sede l’azienda agricola di proprietà che all’inizio dell’attività era l’unico produttore conferente di tabacco Kentucky. Fatturato di dieci milioni di euro nel 2022, il 2023 si chiuderà a oltre dodici milioni. Un centinaio i dipendenti, in grandissima maggioranza donne.
A ripercorrere le tappe salienti dell’avventura del Moderno Opificio del Sigaro Italiano è il presidente e socio cofondatore Cesare Pietrella, che si dice fiero di aver fatto tornare agli agricoltori italiani la voglia di coltivare il tabacco Kentucky.
«Siamo partiti dieci anni fa praticamente dal nulla, con due vecchie macchine ricondizionate e sei persone. Volevamo rilanciare la produzione di sigari con un tabacco di alta qualità di provenienza italiana la cui coltivazione era diventata antieconomica rispetto ai prezzi imposti dall’industria. Tant’è che moltissimi agricoltori si erano convertiti ad altre colture. All’inizio ci bastava la sola nostra produzione diretta di tabacco nel Veronese. Ma poi, facendo un’offerta migliore a chi sceglieva di coltivare il tabacco Kentucky per noi rispetto alle condizioni di mercato esistenti, abbiamo iniziato ad acquistarne anche da altre zone tradizionalmente vocate d’Italia come la Valtiberina e la Val di Chiana in Toscana, Benevento in Campania e Pontecorvo nel Lazio. E di questo – sottolinea Pietrella – siamo veramente fieri, perché anche la concorrenza si è adeguata al rialzo dei prezzi pagati agli agricoltori, contribuendo così a migliorare la redditività della componente primaria della filiera del tabacco e rilanciando una coltura che stava scomparendo. Nel 2022 la produzione italiana di Kentucky si è sviluppata su 1200 ettari, di cui 450 li abbiamo contrattati noi».
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