Il direttore del consorzio: «Autunno pesante per il San Daniele rincari eccessivi»
Le cosce di suino hanno registrato aumenti del 20 per cento

I rincari delle materie prime si ripercuotono anche sulla produzione del prosciutto di San Daniele dop che paga i maggiori costi delle cosce di suino. Aumenti che in taluni casi, nel corso degli ultimi mesi, hanno scoraggiato i produttori al punto da indurli a sospendere temporaneamente la lavorazione.
Come nel caso del prosciuttificio Dok Dall’Ava che dinnanzi a un prezzo di 6,20 euro al chilo, stabilito dalla commissione unica nazionale per i suini, che settimanalmente definisce il prezzo di riferimento, ha alzato le mani: «Oltre quella cifra, che per noi poi diventa 6,40 euro (contro i 4,2 euro di un anno fa, ndr), abbiamo deciso di non salare - racconta Carlo Dall’Ava -, con quei prezzi non ha senso produrre, è antieconomico ed quest’anno è accaduto diverse volte».
Dall’Ava denuncia rincari delle cosce nell’ordine del 20% rispetto a un anno fa, un balzo in avanti che l’imprenditore racconta d’essere riuscito a ribaltare sul cliente finale «solo per la metà perché la grande distribuzione organizzata - spiega - non ci riconosce il prezzo. L’inverno? Sarà abbastanza pesante. I consumi sono in frenata, la gente che non va in ferie taglia anche sulla spesa. Poi per fortuna chi spende lo fa scegliendo la qualità».

La corsa dei prezzi delle materie prime è ormai lanciata da un anno. Iniziata a fine estate 2022 non si è ancora esaurita. «Si stima un’inflazione intorno al 15-16% - fa sapere Mario Cichetti, il direttore del Consorzio del prosciutto di San Daniele che raduna i 31 produttori della Dop friulana - che le aziende non sono riuscite a trasferire sui clienti se non in parte, nell’ordine del 5-6%, facendosi carico di quella restante. Per fortuna il sistema è resiliente ma c’è un limite, un punto di equilibrio che non può essere superato, viceversa ne va della marginalità che già oggi risente della situazione».
Già a giugno il manager aveva dato l’allarme, rivolgendosi in particolare alla Gdo «che - aveva detto - sta mantenendo prezzi medi per i salumi di alta qualità e i produttori stanno assorbendo da soli il caro materie prime. C’è la necessità di avviare un confronto e traslare qualche punto percentuale a valle». All’origine dei rincari per la salumeria ci sono due fattori.
«Un calo fisiologico di qualche punto percentuale dei suini e l’aumento dei costi primari, dei trasporti, dell’energia, dei mangimi, che hanno fatto lievitare significativamente le quotazioni delle materie prime per la salumeria» conclude Cichetti auspicando un cambio di passo a stretto giro. Se la marginalità come detto risente della situazione, il San Daniele non registra invece ancora contraccolpi sui volumi produttivi, che nel terzo trimestre dell’anno si dovrebbero confermare in linea con quelli di un anno fa. «Siamo in leggerissima crescita, pari all’1% - continua Cichetti - in linea con la nostra programmazione».

A fine 2022 le cosce prodotte dai 31 stabilimenti produttivi, dietro ai quali si allunga una filiera che conta su 3.579 allevamenti e 41 macelli, si erano attestate a 2.670.000, in aumento del +1,5% sul 2021.
Le vendite sono state realizzate all’83% in Italia, al 17% oltre confine, con Francia (27% del totale esportato), Stati Uniti (19%) e Germania (12%) che hanno assorbito le maggiori quote di export. In costante crescita anche le vaschette di pre-affettato: l’anno scorso ne sono state certificate più di 21,7 milioni, pari a 405.000 prosciutti e a oltre 1,9 milioni di chilogrammi.
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