Il Falco di Sveva Casati Modignani: “Mi ispirò Del Vecchio, non l’ho mai conosciuto ma aveva una generosità che conquistava”
Sveva Casati Modignani, la scrittrice dei record, si è ispirata a Del Vecchio per il suo “Falco”. «Aveva quella fame operosa che hanno quelli che vengono da un passato complicato»

Leonardo Del Vecchio superava la fantasia, la batteva come fa la realtà quando succede un fatto eccezionale o inatteso.
Quando ha scritto “Il Falco” (uscito due anni fa per Sperling&Kupfer) che dell’uomo di Luxottica ricostruisce, romanzandola molto, la storia, Sveva Casati Modignani, la scrittrice dei record, ha lavorato tantissimo d’invenzione e poi, però, ha scoperto che quasi tutto combaciava.
Lei, d’altronde, ha raccontato spesso di aver mentito – «diciamo che ricamavo» – anche quando faceva la giornalista: le sue storie, interviste incluse, erano sempre un po’ vere e un po’ no (tranne quella volta che cercò di intervistare i Beatles ma loro erano troppo ubriachi e sfatti, e lei scrisse solamente la verità: che erano ubriachi e sfatti).
Quando ha conosciuto Del Vecchio?
«Mai. Leggevo di lui sulle pagine economiche dei giornali. Mi appassionai alla sua idea, la più grande che ha avuto, di costruire un ospedale dove ci fosse uno spazio abitativo per i parenti dei malati: aveva comprato il terreno, aveva detto che avrebbe pagato tutto lui, si sarebbe occupato di qualsiasi cosa. Fu allora che capii che avrei scritto un romanzo su di lui. Non mi capacitai allora e non mi capacito adesso del fatto che di quel suo progetto se ne fece niente. E sono infastidita dagli addolorati di oggi: tra loro, ci sono molti di quelli che gli misero i bastoni tra le ruote».
Chi?
«Non faccio nomi, non m’interessa. Del resto, è un problema culturale profondo, forse inestirpabile: questo è un paese che teme e ostacola chi sa fare le cose. Del Vecchio aveva una qualità rara: tutto quello su cui metteva mano, diventava roba sua. Sapeva dare un corso preciso e unico alle cose. Ed era generoso».
Come lo sa?
«Ma scusi, uno che ti dice: costruisco un ospedale, ci metto i miei soldi, compro il terreno, sbrigo da solo tutti gli oneri, secondo lei cos’è, un mitomane? Aveva quella fame operosa che hanno sempre quelli che vengono da un passato complicato dal quale desiderano riscattarsi, ma non era vorace. Il suo obiettivo non era il potere, anche se è diventato potente. E nemmeno voleva diventare ricco, anche se è diventato ricco. E poi, che fosse generoso me lo hanno detto tutte le persone con cui ho parlato e che lo hanno conosciuto, soprattutto medici».
E che hanno letto il suo libro.
«Certo. E mi hanno detto tutti di avercelo ritrovato, uguale a com’era nella realtà, per quanto io abbia cambiato molte cose della sua storia (l’ho chiamato Falco, l’ho fatto nascere in Sicilia mentre lui era pugliese, non l’ho fatto nascere orfano di padre). Però ho catturato il suo spirito, che era la sola cosa importante, per me. Alcuni episodi che ho inventato, come il suo incontro e poi la sua amicizia con un grande stilista italiano, ho scoperto solo dopo che erano successi davvero. Quello stilista, nella realtà, era Giorgio Armani».
Ma con Del vecchio non ha mai avuto alcun contatto?
«No, mai. Non mi ha nemmeno mai scritto. Le dico la verità: credo che non abbia nemmeno mai letto il libro».
Ma si figuri!
« Sì, invece: non credo che leggesse romanzi».
Falco è il suo libro più ricco di scene di passione.
«Sì, mi sono divertita. A un certo punto ho immaginato questa storia d’amore tra Falco, giovanissimo, e la donna, molto più grande di lui, dalla quale andava a fare lezione d’inglese, su mandato di un prete. Una mia lettrice m’ha dato della birichina, ma invece io mi godo, della mia età, il privilegio di poter guardare un uomo senza provare alcun desiderio carnale, e di appassionarmi soltanto alla sua intelligenza e alla sua sensibilità».
Di Del Vecchio si era innamorata?
«Come si fa a non innamorarsi di un uomo così? E infatti non l’ho voluto incontrare: mi è bastato immaginarlo, intuirlo, e poi inventarlo. E ci ho preso: in Luxottica, dopo aver letto il mio romanzo, lo chiamavano tutti Falco». —
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