Il gruppo Calligaris ritorna in vendita: Alpha pronto a cedere l’80%
Il fondo sta valutando l’affidamento di un incarico esplorativo a una banca d’affari. Il 2021 è stato un anno record: fatturato a 220 milioni con l’ingresso di Fatboy
UDINE. Il 2021 si annuncia come un anno storico per il gruppo Calligaris che chiuderà i conti intorno ai 220 milioni di euro, con uno slancio senza precedenti, reso possibile certo dall’effetto rimbalzo che la pandemia ha avuto su tutto il settore del mobile, ma anche dall’ultima, riuscita acquisizione, messa a segno recentemente che ha portato alla scuderia di Manzano il brand olandese Fatboy. Una situazione ideale per Alpha Private Equity, che attraverso il Fondo 7 dal 2018 controlla il gruppo friulano, per valutare la cessione della sua partecipazione.
Ci sono i numeri e ci sono i tempi. Dall’ingresso del fondo sono passati infatti oltre tre anni, un periodo congruo, anche alla luce dei risultati, per valorizzare l’operazione.
Secondo indiscrezioni, riferite dal Sole 24 Ore, il gruppo finanziario guidato da Edoardo Lanzavecchia starebbe valutando l’affidamento di un incarico esplorativo a una banca d’affari. Antipasto a un nuovo passaggio di mano. Per Calligaris sarebbe l’ennesimo.
A differenza di molte aziende del territorio, restie a aprire il capitale a operatori finanziari specializzati, l’azienda di Manzano quel passo lo ha compiuto infatti diverse volte. La prima nel lontano 2006. Allora, Alessandro Calligaris aveva ceduto al fondo L Capital, sponsorizzato dal gruppo del lusso LVMH, il 40% delle quote (per un valore che sfiorava i 50 milioni di euro) tenendo per sé il restante 60%. Sette anni dopo, nel 2014, aveva ricomprato la quota tornando così proprietario al 100% dell’azienda. Altri 4 anni e nel 2018 la famiglia friulana aveva aperto nuovamente il capitale cedendo per la prima volta il controllo dell’azienda, passato, tramite il fondo 7, ad Alpha Private Equity.
Ora si prospetta l’ennesimo riassetto. Difficile immaginare uno scenario come quello del 2014, con Calligaris che riacquista il controllo, sia perché stavolta si parla dell’80% sia perché al presidente manca un delfino in famiglia per dar corso al passaggio generazionale che si sta rivelando spinoso per molte aziende familiari.
Si prospetta piuttosto un passaggio di testimone con un altro fondo di private equity, capace di dar gambe allo sviluppo che sotto l’egida di Alpha l’azienda ha conosciuto, trasformandosi in un gruppo internazionale. Oltre alla crescita organica, Calligaris è infatti cresciuta anche grazie a una politica di acquisizioni realizzate a colpi di un’azienda ogni due anni, iniziate alla vigilia dell’era Alpha, con la trevigiana Ditre Italia, produttrice di imbottiti.
Sotto la regia del nuovo Ad, Stefano Rosa Uliana, arrivato nel 2018, Calligaris ha proseguito lo shopping: nel 2019 ha fatto sua Luceplan, nel 2021 Fatboy, prima azienda estera del gruppo, nonché la più digitale. Una realtà insomma della quale giovarsi per perfezionare la strategia omnicanale sulla quale il gruppo sta accelerando con decisione. L’Ad, anche recentemente, ha confermato di voler proseguire la politica delle acquisizioni e di aver già diversi dossier aperti sulla scrivania. Dossier che, salvo sorprese, nel 2022 non dovrebbero portare a nuove operazioni, in ossequio al timing che si è dato il gruppo: un acquisto ogni due anni.
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