Il mobile nordestino protagonista del Salone: «Niente panico sui dazi»
Negli stand delle imprese di Veneto (129) e Fvg (38) per ora si respira ottimismo. Daniele Lago: «Siamo sereni». Paolo Fantoni: «La situazione può solo migliorare»

All’apertura delle porte, gli sguardi sono indagatori. Imprenditori e visitatori pesano il clima, in attesa di capire se anche al Salone del mobile di Milano, al via ieri mattina, terranno banco i dazi annunciati da Donald Trump. Corso Italia, la via centrale che attraversa il quartiere fieristico di Rho, si fa via, via più affollata. Nel primo pomeriggio si procede a stento, facendo slalom in una babele di lingue, che rivela la provenienza dei visitatori. Tedeschi, francesi, spagnoli americani e ancora brasiliani e cinesi. Quanti? In attesa dei primi dati ufficiali, il verdetto degli imprenditori nordestini è unanime: «Di gente ce n’è. Tanta».

Da un padiglione all’altro, cercando le imprese di casa nostra – 129 quelle venete, 38 quelle friulgiuliane – si respira soprattutto euforia. Il piacere di mostrare al mondo le nuove proposte, frutto di mesi di lavoro, ricerca e design. Di incontrare i buyer internazionali all’appuntamento più importante per il settore. Di guardarsi l’un l’altro perché è qui, in questi giorni milanesi, che il mobile made in Italy detta i nuovi trend.
Poi certo, sullo sfondo i dazi restano un tema prepotente. Il tema. Specie nelle sedi istituzionali. Al taglio del nastro, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, auspica un sistema di dazi zero tra le due sponde dell’Atlantico: «Bisogna assolutamente evitare escalation di misure daziali e ritorsioni una sull’altra, perché tutti ne pagheremmo il costo e sicuramente noi europei più di altri». Auspicio largamente condiviso dagli imprenditori, che sperano indistintamente in un dietrofront del presidente americano o quantomeno in una revisione al ribasso del balzello commerciale fissato al 20%.
«Mi pare giusto significare, con un pizzico di ottimismo, il fatto che la situazione a livello globale è talmente degradata e negativa che può solo migliorare. Credo che gli stessi Stati Uniti non possano sostenere le conseguenze delle decisioni di Trump, di questo azzardato modo di rimescolare le carte del presidente Usa e che abbiano una reazione interna così forte da fargliele cambiare» dice Paolo Fantoni, ad dell’omonima azienda friulana produttrice di pannelli e mobili da ufficio.

Spostare la produzione del mobile made in Italy negli Stati Uniti? «Non è possibile: non ci sono cultura, la manodopera, l’artigianalità, i tempi e la formazione» continua Fantoni che pure scarta, come alternativa agli Usa, quella di aprire nuovi mercati. «Impraticabile in tempi brevi».
Sulla stessa linea di pensiero, Alessandro Calligaris, presidente onorario dell’omonimo gruppo, in fiera con ben quattro aziende e in centro a Milano con un flagship store. Uno sforzo, come quello di Fantoni (strenuo sostenitore dell’importanza dell’appuntamento fieristico) tutt’altro che trascurabile.

«I dazi creeranno qualche sconquasso sul mercato. Che fare? Cercheremo una soluzione, per non pesare troppo sul cliente finale - annuncia Calligaris –. Una parte degli aumenti dovranno assorbirli le imprese, un’altra parte gli importatori, affinché il consumatore americano non risenta troppo dell’aumento di prezzo, almeno per un periodo».
«Siamo sufficientemente sereni» rilancia Daniele Lago, presidente della veneta Lago, un’altra delle aziende del Nord Est che hanno fatto del design la loro cifra.

«Esportiamo negli Usa circa il 6% e credo che alla fine riusciremo ad avere un equilibrio abbastanza sostenibile» aggiunge, promuovendo l’avvio del Salone – «è sempre un appuntamento importante e interessante» – che anche per Lago significa sì fiera, ma anche centro città, dove l’azienda veneta inaugura il suo flagship store.

Niente panico dunque. Che è poi il mantra del presidente del Cluster legno, arredo e sistema casa Fvg, Edi Snaidero, ieri in visita – con il presidente di Confindustria Udine, Luigino Pozzo – alle aziende della regione: «Il panico non genera niente di buono, bisogna essere razionali, ricordare che il mercato nordamericano è in crescita e per alcune regioni come la nostra è il primo mercato di esportazione. Perché resti tale sarà forse necessario fare qualche sacrificio da parte delle aziende, chiamate oggi più che mai a essere flessibili e resilienti». Un patrimonio da preservare per il presidente di Federlegno Arredo, Claudio Feltrin, che ieri, durante l’inaugurazione, ha alla politica di ergersi a difensore di questa una pattuglia di aziende che vale 28 miliardi di fatturato.
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