Il nuovo ad di Marcolin Fabrizio Curci: «La pandemia ci ha costretto a essere più veloci»
Fabrizio Curci, 49 anni, da sei mesi in sella a Marcolin, è un uomo che è vissuto e cresciuto nell'industria. Prima la Olivetti, poi il rilancio industriale di Fiamm, ancora Fca, dove è stato uno dei talenti al seguito di Sergio Marchionne, e dove è stato responsabile del lancio Alfa Romeo a livello globale. Infine, Fiera di Milano. Un manager che si è nutrito di made in Italy durante tutta la sua carriera.
Ora la sfida è il mondo dell'occhialeria, in uno dei suoi protagonisti, Marcolin, e in un luogo unico al mondo, un distretto con un modello produttivo di qualità inarrivabile, dove ci sono tutti, letteralmente, i big delle montature. In Marcolin è arrivato a sedere al posto di Massimo Renon. Una rivoluzione copernicana, dunque, al vertice del gruppo di Longarone, controllato con il 74,7% da Fondo Pai Partners, che nel capitale annovera ancora la famiglia Marcolin e i fratelli Della Valle e soprattutto vede la presenza, con il 10% del capitale, di Lvmh.
Curci, lei è un outsider dell'occhialeria, cosa l'ha spinta ad accettare questa sfida?
«È una industry nuova per me interessante. Mi piace studiare, capire settori molto diversi. Questa è un'azienda che ha una reattività molto buona. E poi questo momento è un'opportunità. È il tempo per decidere di fare diversamente: quando si abbassa il livello dell'acqua vedi meglio e puoi decidere se tenere o se cambiare quello che hai davanti».
Non è solo una faccenda filosofica, in questi mesi il suo tocco "straniero" ha già iniziato a vedersi, portando nella sua gestione categorie che rispondono di più alle logiche del mondo automotive?
«La supply chain si deve flessibilizzare il più possibile la catena di fornitura non si muove più con i paradigmi di prima, ogni lockdown impone una variazione della domanda, e quindi anche noi abbiamo dovuto imparare a rispondere celermente».
Questo ha significato impostare alcuni interventi, come per esempio, la decisione di controllare da vicino i mercati?
«C'erano due joint venture in Russia e Cina, abbiamo acquisito il controllo totale dell'attività in quei due paesi. Riteniamo che la presenza diretta in Cina dia maggior forza soprattutto a quei brand del made in Italy che sono molto amati in quel mercato. Prima che arrivassi è stata anche aperta una filiale a Sidney in Australia e quindi in tutta quell'area, che comprende anche Hong Kong e Singapore, dove siamo presenti, oggi siamo in grado di gestirla in maniera diretta».
Marcolin ha mantenuto una crescita costante dal 2015 al 2019, con il fatturato passato da 435 milioni ai 486 milioni del 2019, Nei primi nove mesi del 2020, causa pandemia, ha subito una riduzione significativa dei ricavi come avvenuto a molti altri player. Che previsioni fate?
«I numeri 2020 sono ancora in fase di elaborazione, ma quello che possiamo vedere al momento è un'interessante ripresa nel quarto trimestre specialmente in Europa e negli Stati Uniti rispetto ai 9 mesi precedenti. Continua invece la pressione su Cina e Korea che saranno le nostre aree di maggior focalizzazione e sviluppo per il 2021. Anche a livello di ultima riga vediamo una maggiore tenuta nell'ultimo trimestre rispetto ai nove mesi passati, anche per le azioni di contenimento costi operate nel 2020».
Con il lusso sotto pressione pensa che vada rimixato il peso di "sole" e "vista"?
«Il mercato è più o meno 60 per cento vista e 40 per cento sole. Io devo essere coerente con i miei marchi a questa composizione. Il mio compito non è forzare un settore, ma è capire la domanda e devo essere sufficientemente elastico per rispondere nel minor tempo possibile a quella domanda. La pandemia sta stimolando questo nostro modo di reagire, perché noi lavoriamo su una capacità di prevedere dove andrà il mercato, che è continuamente confutata da elementi esogeni».--
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